Non ce ne voglia nessuno ma per noi Roberto Felici, nella storia dell’Empoli, sarà sempre the voice, la voce. Anche perché, come ci dice lui nelle ultime parole della sua intervista ha “raccontato l’Empoli per un quarto di secolo”, dal 1981 al 2006.
Il suo nome è fortemente legato a quella di Radiofatamorgana, dove è stato ininterrottamente dall’ottobre 1982 fino all’anno della sua chiusura, il 2004 e, da un punto di vista editoriale, a Variety – ne abbiamo già parlato in un nostro precedente articolo– di cui è stato Direttore dal 1997 al 2004.
Leggere la sua intervista è come ripassare anni di storia dell’Empoli FC, rivedere volti, immagini, ascoltare suoni, voci, riprovare emozioni. Come quella che ho provato, intensa, struggente, riascoltando il grido di Felici al gol di Esposito nello spareggio di Modena con il Como. Ascoltate!!
Come nasce Roberto Felici radiocronista?
Folgorato da bambino dai transistor che gracchiavano i secondi tempi di “Tutto il calcio minuto per minuto” con la monumentale conduzione di Roberto Bortoluzzi, ho avuto come icone Enrico Ameri per fluidità di linguaggio e Sandro Ciotti per contenuti tecnici. Non c’era partita trasmessa in video negli anni Settanta (da Rai, Capodistria, Svizzera o Montecarlo) che non passasse da tentativi di imitazione dei maestri radiofonici. La mia voce ha iniziato a varcare i confini domestici sulle emittenti castellane Radio 98 e Tv4 con le partite della squadra locale militante in Promozione. Poi ha preso forma in maniera più professionale dopo i corsi per radiotelecronisti frequentati a San Benedetto del Tronto nel 1983 e a Castellamare di Stabia nel 1984 con Enrico Ameri e Nando Martellini tra i docenti.
Non sei stato commentatore solo per le gare dell’Empoli e del calcio…
“Mi sono cimentato in tutte le categorie: Promozione, Eccellenza e Interregionale con varie squadre dilettantistiche della Valdelsa, la C2 con la Lucchese trasmessa per un breve periodo su TeleCentroToscana, C1, B e A con l’Empoli, persino sconfinamenti su calcio internazionale (commentato da studio) e su basket con l’Use e la Scavolini. Totale 1010 partite trasmesse tra radio e tv, ma probabilmente qualcuna è sfuggita al conteggio.
Torniamo al radiocronista dell’Empoli….come e perché hai iniziato?
Dell’Empoli ho sentito parlare compiutamente per la prima volta a fine anni Settanta da uno sfegatato tifoso e compagno di classe in prima Ragioneria al Fermi. La sua capacità di recitare la formazione composta da Pellicanò, Malerba, Londi, Biliotti, Papis…. era purtroppo inversamente proporzionale al rendimento scolastico e l’ho velocemente perso di vista. Dopo essermi affacciato al microfono nelle piccole emittenti di Castelfiorentino, sono sbarcato allo stadio Carlo Castellani nel gennaio del 1981, avversario il Forlì, su invito della neonata TeleCentroToscana con sede in via della Repubblica per farmi conoscere l’ambiente in vista di un debutto sulle loro frequenze. Debutto avvenuto l’1 febbraio 1981, prima giornata di ritorno, con Empoli-Reggiana al fianco di Mauro Pagliai. Per quel mezzo campionato e quello successivo ho commentato tutte le partite casalinghe degli azzurri, oltre a due trasferte (fatte in treno con il cameraman) a Treviso e Alessandria. Solo dopo la chiusura delle sede empolese di TeleCentroToscana è avvenuto, insieme a una parte della redazione, il “fatale” passaggio a RadioFatamorgana, emittente nata nel 1979 con sede a Pozzale che cercava visibilità anche in ambito sportivo.
Cosa ti ha lasciato l’esperienza di radiocronista dell’Empoli?
Dopo il fallimento di RadioFatamorgana, le ultime due stagioni le ho trascorse a RadioLady, ritrovando eccellenti compagni di viaggio come Carlo Paci e Simone Focardi. Ho chiuso con un bilancio azzurro di 720 partite di gare ufficiali, escluse quindi le amichevoli, raccontato in diretta 6 promozioni, 4 retrocessioni, la conquista della Coppa Italia di C, più la vittoria ai playout di C1 contro l’Alessandria e la salvezza centrata a Como che hanno rappresentato due tappe fondamentali nella storia azzurra. Ricordo soprattutto le trepidazioni dei primi anni vissuti in tribuna stampa perchè con campionati più snelli, società più solide, regole meno artificiose e contemporaneità della giornata domenicale i verdetti arrivavano spesso sul filo di lana. Vedi le rocambolesche e miracolose salvezze del 1982, 1984 e 1987, le promozioni del 1983 e 1986, la retrocessione allo spareggio del 1989. E’ stato un periodo formidabile per il susseguirsi di emozioni e per il posto di rilievo che occupava il mezzo radiofonico tra i mass media. In generale posso dire che in oltre 25 anni di carriera il mio grande amore per la radio si è indissolubilmente intrecciato con quello per la squadra azzurra anche se non ho mai frequentato la curva o la Maratona da tifoso. Per me è stato un onore rappresentare la voce narrante dell’Empoli, soprattutto prima dell’avvento delle pay tv che ha ridisegnato gli scenari del pallone. E l’entusiasmo è sempre stato lo stesso, a prescindere da stadio e categoria. Da Leffe o da San Siro, da Torre Annunziata o dall’Olimpico la platea all’ascolto era più o meno analoga e aspettava che descrivessi con slancio un gol e una vittoria degli azzurri”.
Il ricordo della tua prima e dell’ultima radiocronaca dell’Empoli.
Della prima in tv ho già fatto cenno. Alla radio ho iniziato invece con Empoli-Nocerina: era il 31 ottobre 1982, fu la stagione in cui l’Empoli di Vitali vinse il Campionato e tornò in B dopo 33 anni. L’ultima in assoluto è stata Messina-Empoli, maggio 2006. Il ricordo non è tanto per la partita, vinta dagli azzurri con doppietta di Pozzi e violenta contestazione finale verso i siciliani, quanto per il viaggio in auto con il compianto Antonio Bassi, profondo conoscitore delle cose azzurre e di tutto lo sport a 360 gradi. Con lui anche un viaggio di 1000 chilometri trascorreva sempre piacevolmente.
Qualche aneddoto da raccontare?
Il segnale di RadioFatamorgana trasmesso con altoparlanti fuori dal Castellani in occasione Empoli-Napoli del 1986/87 a beneficio dei numerosi spettatori rimasti fuori da uno stadio mai così stipato perfino sulle scalinate. Una partita commentata dal terrazzo di un grattacielo adiacente il Ferraris di Genova con una famiglia che metteva a disposizione della radio ospite la linea telefonica, una prolunga e il caffè nell’intervallo, mi pare per 50 mila lire. Un’altra a Fermo dove sono quasi congelato restando attaccato per 90 minuti alla postazione in un clima polare e con un abbigliamento inadeguato, tanto che la mano continuò a tremare dal freddo nelle interviste post partita. Un viaggio di 10 ore in condizioni meteo proibitive per Como e ritorno, insieme a Emilio Chiorazzo, solo per annunciare dal telefono a gettoni di un bar accanto al Sinigaglia che gli spalatori non erano riusciti a liberare il campo dalla neve e non si sarebbe giocato. Un Empoli-Treviso condiviso tra RadioFatamorgana (primo tempo) e Tele+ (secondo tempo) perchè il telecronista della pay tv non era riuscito a raggiungere il Castellani e l’addetto stampa Gianni Assirelli si era prodigato per riparare la falla. Una trasferta da incubo a Cagliari con un volo cancellato la mattina stessa, un problema di accredito risolto in extremis da un collega sardo conosciuto all’andata e radiocronaca iniziata in ritardo col cuore in gola. Invece in occasione dell’ultima e decisiva giornata 1986/87 raggiunsi il neutro di Modena per Cesena-Empoli “evadendo” dalla caserma in cui stavo prestando il servizio militare perchè era stato negato il consueto permesso domenicale: al contrappello serale ho preso cinque giorni di consegna! Infine le varie volte in cui, per problemi logistici o di autorizzazioni a trasmettere, la postazione era collocata in tribuna laterale con accanto tifosi avversari. Lì ho affinato tecniche di “sopravvivenza” spiegando ai dirimpettai “la mia funzione sociale per la piccola comunità empolese”, svolgendo un rapido corso di simpatia verso i colori azzurri e talvolta di geografia per collocare sulla cartina una realtà poco conosciuta negli anni Ottanta a livello nazionale. A parte qualche occhiataccia in occasione dell’esultanza per i gol, fortunatamente mi hanno sempre sopportato. Qualche problema in più hanno creato gli ispettori di Lega quando avevamo diritti di cronaca limitati a pochi minuti, ma con la sponda dei colleghi in studio l’ostacolo veniva in qualche modo aggirato.
Hai coltivato particolari legami in ambito azzurro?
I personaggi a cui sono stato più affezionato erano quelli conosciuti prima della milizia empolese come il mio compaesano Fabrizio Calattini o Stefano Bianconi di cui avevo raccontato le vicende calcistiche nel Vinci e nel Certaldo sulle colonne del Tirreno (la maglia azzurra numero 26 è l’unica che possiedo: me la regalò di sua iniziativa al termine di un allenamento). Un discorso a parte merita Luciano Spalletti. L’ho incrociato per la prima volta nel Castelfiorentino in Interregionale. Siccome da casa non riceveva il segnale di Tv4, quasi tutti i lunedì sera piombava negli studi di Castelfiorentino, allestiti in un angusto sottotetto, a riguardare sui monitor di servizio la partita che io commentavo in differita. Probabilmente studiava da allenatore già durante i due anni da giocatore trascorsi in Valdelsa! Con lui in campo ho fatto, tra le altre, la telecronaca di Chievo-Castelfiorentino valevole per la Coppa Italia dilettanti registrando al piccolo stadio di quartiere dove all’epoca giocavano i veronesi, il Colantonio Bottagisio. Alcuni anni più tardi Spalletti, il Chievo e il sottoscritto si ritroveranno ognuno nelle stesse funzioni ma con le rilevanti differenze di categoria (la C1) e di palcoscenico (il Bentegodi) dopo aver compiuto una salutare gavetta sui rettangoli minori.
Roberto Felici e RadioFatamorgana un binomio indissolubile: cosa ti ha lasciato l’esperienza vissuta in quella radio?
Ho seguito l’Empoli con servizi e interviste per quotidiani (Il Tirreno), agenzie di stampa (Ansa e Datasport), televisioni locali (TeleCentroToscana, TeleRegione e Tv4 Valdelsa) ma intimamente sono sempre rimasto legato alla radio, al microfono come elemento per veicolare emozioni in diretta. A RadioFatamorgata ho trasmesso ininterrottamente partite dal 31 ottobre 1982 al 16 maggio 2004, raccontando due volte la scalata dalla C1 alla A. Più
varie trasmissioni, tra cui la più longeva è stata Tuttoazzurro del venerdì pomeriggio. Più 20 stagioni di Variety iniziate da collaboratore sotto la guida di Sergio Natucci e Piero Benassai e finite da direttore editoriale di una splendida redazione. Ho visto crescere questo giornalino da 8 pagine in bianco e nero formato quaderno a 32 pagine a colori formato rivista. Tutto ciò grazie a una grande famiglia dalla quale sono transitate molte firme del giornalismo empolese, compreso chi mi sta intervistando a cui avevo affidato una singolare rubrica sui tifosi azzurri sparsi per l’Italia e il mondo. Lasciami citare, però, due personaggi che pur non essendo giornalisti hanno rappresentato pietre miliari di questa avventura a RadioFatamorgana: la mia seconda voce Loredano Scardigli e il tecnico Alvaro Maltinti, prematuramente scomparsi.
Come vedi il calcio di oggi?
Non so se migliore o peggiore rispetto a quello che ho raccontato, ma sicuramente è diverso. Modellato a uso e consumo delle tv, ha perso molti connotati del gioco per trasformarsi in business. Con questa modalità, ad esempio, niente più scudetti a favore di provinciali tipo Cagliari, Verona o Sampdoria, clamorose eliminazioni delle big nei primi turni di qualsiasi Coppa che hanno formule stravolte rispetto alle originarie, giorni liberi senza calcio giocato o gol fantasma che hanno alimentato leggende (RadioFatamorgana realizzò una storica maglietta dopo Empoli-Juve 0-1 del 1998!). Anche dal punto di vista dello spettacolo le cose sono cambiate. Faccio un esempio pratico. Quando Maradona arrivava al Castellani mister Salvemini prevedeva la feroce marcatura di Della Scala e al massimo un altro giocatore pronto al raddoppio. Oggi per fermare un fuoriclasse si fa densità intorno a lui, si accorcia la squadra per ridurre gli spazi, si sporcano le linee di passaggio, si pressa alto sul portatore di palla, si organizza la tattica del fuorigioco e via cantando sul filo della geometria con un risultato estetico assai diverso. Ripeto, non è giudizio di merito, che compete al singolo spettatore, ma l’osservazione di una profonda evoluzione del calcio. Evoluzione che ha riguardato anche il radiotelecronista. Provo a mettermi nei suoi panni in occasione di un gol o di un fallo da rigore che per essere certificato passa talvolta da snervarti verifiche di strumenti tecnologici e di assistenti chiusi in un salottino mentre lui è costretto a trasmettere agli ascoltatori emozioni e adrenalina fuori sincronia rispetto alla contestualità dell’evento. Conoscendo un po’ il mestiere, è un esercizio da acrobati che non invidio.
Dopo l’ultima radiocronaca sei più tornato al Castellani?
Solo una volta per vedere gli azzurri da un’angolazione inedita: la Maratona. Al gol di Buscè con un gran tiro da fuori area mi è parso veramente strano non descriverne la dinamica al vicino di posto e urlare la gioia dentro a un microfono. Ma almeno ho capito come si vive una partita da tifoso. Quel tifoso a cui con grande piacere ho raccontato l’Empoli per un quarto di secolo.
Ma attualmente cosa fà? E’ ancora vivo?
Sono riusciti a intervistarlo, quindi presumo sia ancora vivo!
🙂
Che bel servizio. Grazie infinite sia a PE che a Roberto Felici. Quando leggo queste storie mi viene a mente un amico fraterno che mi manca ogni giorno di più. Loredano.
Roberto Felici: the best!
Grande Roberto Felici,indimenticabili le tue radiocronache dense di professionalità e di passione!
Lui alla radio e Andrea Callo su Antenna 5 le voci della mia infanzia azzurra. Quante emozioni!
Grandi emozioni cu ha raccontato Roberto Felici. Io lo ricordo anche nella radiocronaca di Empoli Juve 3-3 fu fantastico come raccontò il terzo gol di rocchi.bello anche sentiré il sottofondo dei tifosi azzurri a Modena. Eravamo un C ma si tifava di più che ora