E’ il 3 giugno 1962. L’Empoli disputa la sua ultima partita nello Stadio dove ha giocato per 26 anni e gioca anche la sua ultima partita del Campionato 1961/62, un Campionato sfortunato che ha già condannato gli azzurri alla retrocessione in Serie D. Gi azzurri ospitano la Sarom Ravenna, squadra che terminerà al 5° posto. In campo con il n. 10 c’è un ragazzino che pochissimi conoscono. Solo quelli che seguono le gare del Settore Giovanile dell’Empoli sanno che quel ragazzino è Piero Pelagotti. Non ha ancora compiuto 16 anni ma ha già la personalità di uno grande. Tecnica e grinta. Un’ottima mezzala, o mediano di interdizione come si diceva allora, ma dai piedi buoni e con una ottima capacità di lettura del gioco.
“Da ragazzino abitavo in via degli Orti e con gli amici si andava spesso a giocare al campo Rapid, che ora non c’è più, in Terrasanta. Mi vide “Tizzone” (sopranome dell’indimenticato mister Mario Castaldi, allenatore dell’Empoli dal 1964 al 1967, n.d.r.) e mi portò nell’Empoli”. La carriera calcistica del giovane Piero comincia così – ce lo racconta lui stesso – come avveniva per tanti ragazzi di quel tempo: allora si giocava per strada, dovunque ci fosse uno spazio all’aperto, e i “campini” ad Empoli erano un po’ dovunque.
“Giocai negli Allievi – continua Pelagotti -, poi negli Juniores ed a sorpresa mi fecero debuttare in prima squadra. Ero davvero giovane ma mi dicevono che ci sapevo fare col pallone”
Ed avevano decisamente ragione, visto che Pelagotti sarà una delle colonne della squadra che l’anno successivo vincerà il famoso spareggio di Genova con il Tempio Pausania e darà un importante contributo al ritorno della squadra in Serie C. Troppo bravo, e Silvano Bini annusa l’affare e lo cede alla Lazio. Piero è ancora minorenne (la maggiore età a 18 anni arriva in Italia solo nel 1975) ed ha, oltre al calcio, una grande passione per lo studio. “Per me il calcio è sempre stato una passione, un divertimento. Andare alla Lazio avrebbe tolto troppo tempo allo studio ed io volevo andare all’Università. La mia famiglia la pensava come me. Prima lo studio e poi il calcio”. E così Piero salta la Stagione 1963/64 ma tornerà poi a Empoli nella Stagione 1964/65. Potrà così studiare Matematica all’Università di Pisa dove conseguirà la Laurea. Pelagotti lascia l’Empoli al termine della Stagione 1966/67, dopo 83 partite, e lo fa alla grande: con una doppietta rifilata al Rimini il 21 maggio 1967. Un addio all’Empoli che in realtà, quasi vent’anni dopo, si rivelerà un arrivederci, anche se in un ruolo diverso. Pelagotti continuerà a giocare al calcio nelle Serie minori “Io volevo divertirmi, non mi importava in che Serie giocavo. Sono stato nel Tuttocuoio, nel Vinci e nel San Miniato dopo l’Empoli. Ho fatto anche l’allenatore per un po’’’ Nel frattempo Pelagotti ha avuto il tempo di diventare il Prof. Pelagotti e di insegnare Matematica per tanti anni per godersi oggi una meritata pensione. Ma non senza aver lasciato un’altra importante traccia di sé in casa Empoli. Nella Stagione 1995/96 l’Empoli si accinge a disputare l’ennesima stagione in Serie C. In casa azzurra è arrivato da qualche anno un giovanissimo Presidente, Fabrizio Corsi, che nel calcio ci vede lungo e, insieme a Bini, pensano di affidare la squadra all’allenatore della squadra Allievi, “un certo” Luciano Spalletti. Il problema è che il tecnico non può andare in panchina come allenatore ufficiale perché non ha il patentino per la Categoria. Si trova allora la soluzione: far affiancare Spalletti da qualcuno di esperienza, legato ai colori dell’Empoli e che abbia esperienza e capacità di stare nel gruppo e di aiutare Luciano. L’identikit corrisponde a Piero Pelagotti che, da laureato, ha le strade aperte da Coverciano per svolgere il ruolo di allenatore anche per la Serie C. Ed ecco la coppia Spalletti-Pelagotti. Ecco la coppia che, insieme a coloro che l’hanno pensata, ha cambiato la storia dell’Empoli.
“Per Spalletti era l’atttività principale, per me era solo divertimento. Bini mi chiese se me la sentivo di affiancare Luciano ed io dissi di sì. Fu un anno indimenticabile, emozioni che mi porto ancora nel cuore”
Quando Pelagotti tornò ad Empoli, nella Stagione 1964/65, trovò in squadra un ventiseienne che aveva già giocato una stagione in maglia azzurra e si era fatto la fama di difensore implacabile e dalla forte personalità. Non a caso è il capitano della squadra. Si chiama Pasquale Malvolti (per gli empolesi sarà per sempre “Pasqualino”). E’ arrivato ad Empoli nell’estate del 1963, quando c’era da ricostruire la squadra che aveva appena riconquistato la Serie C. Quella sarà una squadra che rimarrà per sempre nella memoria e nel cuore dei tifosi azzurri che hanno avuto la fortuna di vederla giocare. Malvolti viene acquistato dalla Pistoiese – che già disputava il Campionato di Serie C – dove era arrivato dopo una trafila nelle serie minori: Castelfranco e Cuiopelli.
Il suo debutto in maglia azzurra è il 27 ottobre 1963: Empoli – Rimini. Malvolti rimarrà ad Empoli per 3 stagioni, totalizzando 53 presenze, fino al termine di quella 1965/66, disputando la sua ultima gara in maglia azzurra il 27 marzo 1967, e per unovstrano caso del destino sempre con il Rimini, anche se questa volta in terra romagnola. Sarà quella anche l’ultima partita da giocatore di Malvolti che lascia il calcio giocato e va a sedere in panchina di altre squadre, coltivando però sempre nel suo cuore un amore sconfinato per la maglia azzurra.
Non molto alto, fisico minuto ma grinta da vendere, raramente perdeva un contrasto qualunque fosse la stazza dell’avversario, una grande capacità di anticipo, doti che che facevano di lui uno dei più forti difensori di quel periodo. Veloce, impiegato principlamente come terzino sulla sinistra, Malvolti ci mette poco ad imporre la sua personalità ed a conquistare la fascia di capitano. Lo vedo ancora guidare i suoi compagni dal campo, alzare le braccia per indicare posizioni e dare ordini, una furia.
E furia fu anche il 5 aprile 1964, al “Sussidiario”, quando i livornesi fecero la famosa invasione di campo. Ci racconta Pasquale che, essendo capitano della squadra, si sentì in dovere di andare in tribuna affrontando a viso aperto i tifosi labronici che stavano invadendo il campo. La situazione diventò caotica e costrinse lui e tutta la squadra a rimanere chiusi negli spogliatoi per alcune ore dopo che l’arbitro Sanguineti aveva, di fatto, sospeso la gara. Il fatto fu ancora più brave per Malvolti perché era da pochi giorni nato suo figlio Simone che, essendo “settimino”, era in incubatrice nel reparto Maternità delll’Ospedale di Empoli. Pasquale voleva andare dal figlio ma fu “trattenuto” negli spogliatoi e pare (non abbiamo dubbi a crederlo) che si arrabiò moltissimo.
L’edicola di Pasquale è vicina allo Stadio “Castellani” (e come poteva essere altrimenti?) e quando lui è lì, tra le riviste ed i giornali, parlare dell’Empoli è naturale come bere un bicchiere d’acqua. Sempre aggiornato su tutto, sempre con una profonda conoscenza del calcio, capace di guardare a fondo al di là delle apparenze, lucido nelle analisi.
Pur avendo giocato solo tre anni nell’Empoli Pasquale Malvolti, anche a distanza di tanti anni da quando ha appeso le scerpette al chiodo, è ancora amato dai tifosi azzurri e da tutti quelli che ruotano intorno al mondo Empoli. E’ il suo carattere schietto ed aperto, la sua grinta mai smarrita, il suo attaccamento all’ Empoli, che hanno fatto di lui una sorta di leggenda, amato e rispettato.
Pelagotti e Malvolti hanno pure giocato insieme per 22 partite: 20 nella Stagione 1964/65 e 2 nella Stagione 1965/1966.
Per chi ha superato la sessantina Piero Pelagotti “il Professore” e Pasquale Malvolti “Pasqualino” sono il ricordo di un Empoli che non aveva neppure tra i suoi sogni più folli quello di arrivare un giorno in Serie A. Sono due giocatori di un Empoli che riuscì (impresa non da poco per quei tempi!) ad abbandonare la Serie D e ad iniziare un cammino – non sempre facile, in verità! – nella Serie C dove sarebbe rimasto per tanti anni e che poi avrebbe lasciato da quel famoso spareggio di Modena del 22 giugno 1996.
In questo anniversario dei 100 anni dell’Empoli ne rappresentano al meglio, pur se da aspetti diversi, l’identità e la storia. Pelagotti: il Settore Giovanile, sarebbe entrato nel grande calcio se non avesse fatto una scelta di vita diversa, la classe e il sacrificio, l’umilità e lo spirito di servizio che lo portano, venti anni dopo aver lasciato l’Empoli da giocatore, a tornare per dare una mano. Malvolti: la gavetta, il carattere, la personalità, la capacità di essere leader dentro e fuori dal campo, la volontà sopra di tutto, l’inesauribile.
Entrambi un amore per la maglia azzurra e per l’Empoli che è durato e dura negli anni.
Mentre ci avviamo al 31 dicembre 2020 e alla conclusione di questo “Un secolo d’azzurro” non potevamo trovare modo migliore per avviarci alla fine del nostro racconto.
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Le foto dell’articolo sono tratte dal libro di Carlo Fontanelli “75° Azzurro: Silvano Bini racconta,….” (Ed. Mariposa, 1996)
Piero è stato il mio insegnante di ginnastica alle Busoni ….. quando non si voleva fare un caxxo gli si chiedeva della sua carriera da calciatore e passavano le ore a chiacchierare….. bei tempi!!!!
Anche io ho avuto Pelagotti come professore, ma a me mi insegnava Matematica….
Oddio, mi stai dicendo che ho deciso di fare lo scientifico perché mi trovavo bene con uno che in realtà avrebbe dovuto insegnare ginnastica?
Comunque è stata una una figata, anni dopo, andare in giro a dire che l’allenatore che ha portato l’Empoli in serie B era il mio professore!
Hai ragione era professore di Matematica e non di Ginnastica, la vecchiaia mi ha fatto un bello scherzo.
Terrasanta che zona sarebbe?
Zona scolastica scuole Busoni giù di lì è terrasanta.
La mia ultima stagione da calciatore è stata nell’Interregionale a Certaldo con Piero Pelagotti allenatore….un signore anche in panchina!!!!