In un’epoca caratterizzata da grandi mutamenti geopolitici, anche il calcio si apprestava a cambiare profondamente. In Europa si era affrancato ormai da qualche decennio dalla sua terra di origine, il Regno Unito, e si era espanso senza freni, divenendo ben presto lo sport nazionale di molti paesi. Tale fenomeno aveva interessato anche l’Italia: nei primi anni del ‘900 vi era stata una crescita esponenziale di nuove squadre e il movimento calcistico aveva fatto enormi progressi.

In quegli anni, però, nonostante la grande euforia, l’Italia non era ancora pronta a competere a livello continentale. E così le società calcistiche si affidavano spesso a calciatori e ad allenatori stranieri, con il chiaro intento di incrementare il proprio tasso tecnico o di acquisire maggiori conoscenze tattiche. Una delle scuole calcistiche più in voga negli anni ’20 era la cosiddetta “Scuola Danubiana”, che fu ribattezzata così perché costituita dalle squadre nazionali di tre Paesi attraversati dal Danubio: Austria, Cecoslovacchia e Ungheria.

Proprio l’Ungheria gioca un ruolo fondamentale nella storia del neonato Empoli. A partire dalla stagione 1923/24, che vede l’Empoli ammesso al campionato di Terza Divisione toscana, comincia un continuo peregrinare di tecnici e calciatori magiari. Il primo nome sulla lista è quello di Ernst Guszik, che guida l’Empoli nel mini-campionato (solo otto partite) terminato con un terzo posto, alla spalle di Pistoiese e Signa e davanti a Pontedera e US Fiorentina. L’anno successivo le squadre partecipanti salgono a nove e l’Empoli, con Joszef Papp al timone, si attesta a metà classifica.

Gyula Dobó

Nella stagione 1925/26 l’allenatore è l’italianissimo Maestrelli, ma la rosa consta di due calciatori ungheresi. A dire la verità non sono i primi della storia a vestire la maglia dell’Empoli, visto che il pioniere era stato la meteora Oecnyet, una sola gara disputata nel 1922. Ma Gyula Dobó e Jeno Dietrich sono tutt’altra cosa. Sono due attaccanti di razza, un lusso per una squadra come l’Empoli. Entrambi in passato nel giro della Nazionale, diventano ben presto assoluti protagonisti: soprattutto Dietrich, che lascia la propria impronta decisiva, realizzando 14 reti in 10 partite.

Il 1926 rappresenta l’anno della svolta. L’Empoli, forte dell’apporto della giovane promessa Carlo Castellani, stravince il campionato e viene promosso in Seconda Divisione. Un’annata trionfale che vede tra i suoi artefici il magiaro Karoly Fatter, nella duplice veste di allenatore e calciatore. Il trentenne centrocampista proveniente dal Padova è alla sua prima esperienza come tecnico e prende il posto di Gino Baggiani a stagione in corso, trascinando i suoi compagni alla promozione diretta.

La bandiera ungherese torna a veleggiare nella stagione 1928/29, quando la guida tecnica viene affidata a Reinhold Kristinus. Di lui si conosce poco, se non che, da calciatore, aveva vestito la casacca del Modena. L’Empoli si presenta ai nastri di partenza del campionato forte di un Castellani sempre più decisivo. I ventidue gol del bomber di Fibbiana permettono di festeggiare l’ennesimo trionfo, che proietta gli uomini di Kristinus in Prima Divisione.

Alexander Peics

Stagione nuova, allenatore nuovo. Giunge infatti l’ex Verona Alexander Peics, detto Sandor, che comincia qui una lunga carriera da allenatore in giro per l’Europa (in futuro guiderà, tra le altre, Palmese, Verona, Perugia, Belenenses, Sporting Lisbona, Vitória Setubal e e Vitória de Guimarães). Seppure orfano di Castellani, passato al Livorno, il tecnico magiaro conduce l’Empoli a una salvezza tranquilla. E torna in riva all’Arno tre anni più tardi, riuscendo anche stavolta a salvare la categoria.

A questo punto la collaborazione con il calcio ungherese si interrompe, anche se non in maniera definitiva. Bisogna però aspettare la fine della guerra per ritrovare un tecnico magiaro. Nel 1945/46 l’Empoli è inserito nel Girone Centro-Sud della Serie C. E si affida a Joszef Takacs, un’autentica leggenda del calcio europeo. Per capire la portata di questo arrivo, basta guardare i numeri. Da giocatore Takacs aveva segnato più di 500 gol, distribuiti tra squadre di club e

Joszef Takacs da giocatore

Nazionale. Tra il 1927 e il 1934, con la maglia del Ferencvaros, aveva realizzato la bellezza di 209 reti in 139 presenze, circa 1.5 gol a partita. E si era laureato per ben cinque volte capocannoniere del campionato ungherese. Con l’Ungheria non aveva partecipato ai Mondiali del ’34 ma aveva vinto, da assoluto protagonista, la Coppa Mitropa del 1928. Numeri vertiginosi, che farebbero impallidire anche i più prolifici attaccanti moderni.

Come nella splendida tradizione degli ultimi anni, Takacs ottiene un’altra incredibile promozione. Nonostante l’obbligata ricostruzione post-bellica, arriva un terzo posto – dietro Prato e Lucchese – che proietta l’Empoli, per la prima volta nella sua storia, in Serie B (e vi rimarrà per quattro anni consecutivi, fino alla retrocessione del 1949/50).

Con Joszef Takacs termina l’epopea di allenatori e calciatori ungheresi. Da quel momento nessun altro tecnico straniero siederà sulla panchina azzurra. Ma negli annali rimarranno per sempre impressi i nomi degli allenatori e dei calciatori ungheresi, che hanno contribuito a far crescere il movimento calcistico empolese quando era ancora agli albori. È anche grazie a Guszik, Papp, Dietrich, Dobo, Fatter, Kristinus, Peics e Takacs che l’Empoli ha costruito la sua storia secolare.

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Empolese DOC e da sempre tifoso azzurro, è un amante delle tattiche e delle statistiche sportive. Entrato a far parte della redazione di PianetaEmpoli.it nel 2013, ritiene che gli approfondimenti siano fondamentali per un sito calcistico. Cura molte rubriche, tra cui i "Più e Meno" e "Meteore Azzurre.

7 Commenti

  1. In vacanza a Budapest, anni fa, andai a visitare il Groupama Arena, stadio del Ferencvaros. Sarebbe interessante ( e suggestivo), riprendere questo legame con la storia. Una bella amichevole. Magari per qualche occasione particolare. Grazie per il servizio.

    • Si, praticamente è stato il primo calciatore straniero. Anche se ha giocato solo una partita, l’esordio contro il Pontedera, e poi se ne sono perse le tracce.

  2. Sugli stranieri del periodo mi sono sempre chiesto…
    I calciatori degli albori non venivano pagati, se non con un esiguo rimborso credo, e avevano un vero lavoro.
    Ma quindi questi stranieri come facevano a lasciare la patria venendo qui? A che titolo?
    Loro invece li pagavano? E risultavano atleti professionisti? O avevano anche loro altre attivita?

    • Il professionismo cominciò in Italia a partire dal ’26 con la famosa Carta di Viareggio, voluta dalla FIGC dell’epoca che era strettamente legata al regime. Quindi in qualche modo i primi calciatori stranieri (Dietrich e Dobò) arrivati a Empoli venivano già pagati, probabilmente a gettone. Come è facile immaginare è difficile capire l’entità dell’ingaggio

  3. Anch’io avrei le stesse domande che pone Gong … Comunque articolo interessante, interessantissimo, in linea con tutta la serie del Centenario. Complimenti !

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