Sfogliando l’album dei ricordi è impossibile non imbattersi in Juan Francisco Calichio (o Calicchio, secondo alcune fonti). E non solo perché è stato il primo calciatore sudamericano a vestire la maglia dell’Empoli, nell’ormai lontano 1948. O per la sua fruttifera vena realizzativa che lo portò a segnare, nell’arco di tre stagioni, la bellezza di 30 gol. Calichio viene ricordato per altri aneddoti che con il calcio non hanno molto a che fare. Ecco la sua storia.
Calichio nacque a Buenos Aires il 5 giugno 1922. Debuttò nel 1944, nelle fila del Los Andes, squadra della capitale argentina. Erano anni tremendi, almeno in Europa; ma in Argentina, dove la tragicità della guerra era lontana, si continuava a giocare. Dopo un anno passato al Porvenir, nel 1946 Calichio ottenne un ingaggio all’Estudiantes di Buenos Aires. Qui cominciò a fare realmente sul serio, divenendo il cannoniere incontrastato della squadra con 36 reti. Tornò quindi al Porvenir con il quale trovò la definitiva consacrazione nella Serie B argentina.
L’eco delle sue gesta arrivò fino in Europa e più precisamente in Italia. Fu la Sampdoria a portarlo nel campionato italiano. Ma l’impatto con la Serie A non fu eccellente: Calichio, chiuso dai titolari Baldini e Bassetto, giocò solo quattro partite segnando un gol. Un bottino misero per chi era arrivato con grandi aspettative. Tuttavia Calichio aveva le caratteristiche del grande centravanti: forte di testa e temibile dalla media distanza con entrambi i piedi, puntava la porta da ogni posizione. L’Empoli annusò l’affare e mandò i dirigenti Rigoletto Conforti e Alfredo Assirelli a prenderlo a Genova (con lui fu acquistato anche il tornante Parodi).
Per problemi di tesseramento Calichio non esordì subito. Il suo debutto avvenne il 3 ottobre 1948 contro il Seregno. Non segnò, ma gli azzurri portarono a casa un prezioso pareggio esterno. Fu tre partite dopo, contro la Salernitana, che l’argentino timbrò la prima marcatura con la maglia dell’Empoli. Al termine del torneo cadetto, durante il quale segnò 14 gol (meglio di lui fece solamente Egiziano Bertolucci), l’Empoli mantenne la categoria.
L’anno successivo Calichio venne riconfermato al centro dell’attacco. Stavolta il miracolo non si ripeté e l’Empoli retrocesse in Serie C nonostante le 9 realizzazioni dell’argentino. Anche in terza divisione Calichio fece parte della rosa, ma il campionato si concluse con sole 7 reti, che non permisero all’Empoli di andare oltre l’undicesimo posto. Al termine della stagione venne ceduto al Rennes e la sua carriera proseguì Oltralpe (vestì anche le maglie di Red Star e Rouen) e in Portogallo (Académica de Viseu).
Come dicevamo all’inizio, Calichio non è stato un semplice attaccante, come ne sono transitati tanti in questo secolo d’azzurro. Era un vero e proprio personaggio, quasi un caratterista. Silvano Bini lo ricordava come un “calciatore dal cuore d’oro, che giocò anche col perone spezzato”. Calichio era il centravanti ideale per l’Empoli, non si risparmiava mai e abbinava qualità e quantità. Ci viene raccontato come una persona elegante ma gioviale e simpatica, molto attaccata alla propria famiglia che era rimasta in Argentina (spesso mandava i soldi dei guadagni ai suoi parenti).
Ma era un tipo molto particolare. Viveva stabilmente all’Hotel Tazza d’Oro, in pieno centro, e si narrava che fosse intrepido con il gentil sesso. Tant’è che i dirigenti dell’Empoli dovevano spesso marcarlo stretto. Secondo alcune testimonianze “era un uomo che amava la vita e, di conseguenza, non si faceva sfuggire occasione per allietarla”.
A Juan Francisco Calichio non servì molto per integrarsi. Entrò da subito nelle grazie del popolo empolese che quasi lo adottò, spinto da quella innata simpatia che suscitano personaggi di questo genere. Lo spagnoleggiante Juan venne ben presto sostituito da un più confidenziale “Giovanni”. Per tutti Calichio era semplicemente Giovanni. Probabilmente, se avesse giocato al giorno d’oggi, Calichio sarebbe stato definito un bomber. E, a quanto pare, non solo per la sua grande confidenza con il gol.
*Per le foto di questo articolo si ringrazia sentitamente il negozio FOTO CINE, proprietario dell’archivio da cui sono state estrapolate
Bella storia.
Che strana carriera: esplode nell’Estudiantes (grande club) ma poi torna subito in B… non segna molto in C con l’Empoli..e poi approda al Red Star francese che allora era uno dei migliori club d’Oltralpe
Una precisazione.
Si trattava dell’Estudiantes di Buenos Aires (e non dell ben più famoso Estudiantes di La Plata): infatti gli argentini giocavano in B. Il Red Star è stata senz’altro una squadra con vecchia tradizione, ma in quegli anni era un po’ in declino.
Tra l’altro alla permanenza di Calichio risale l’ultima volta in cui l’hotel Tazza d’Oro e’ stato pulito
Mi ha fatto piacere leggere questa storia su questo giocatore Argentino, che avevo sentito solo nominare. Bello l’aneddoto dell’Hotel Tazza d’Oro 😀
Ho trovato su Internet, ha giocato nella Seconda divisione portoghese (Acadecica de Viseu) come allenatore/giocatore, addirittura fino al 1963/64 (all’eta’ di 42 anni).