23 aprile 2018. Lunedì. Stadio “Benito Stirpe” di Frosinone. Il capolavoro di una stagione dentro una stagione da sogno. Il campionato dei record raggiunge il suo zenit. E’ la sera in cui l’Empoli s’innalza da qualsiasi logica razionale e diventa bellezza pura. Uno “spettacolo d’arte varia”, per dirla alla Paolo Conte, che stordisce, annichilisce, annienta tutti coloro che hanno l’ardire di contemplarlo. Dopo Perugia, Bari, Palermo e Parma, la Sindrome di Stendhal colpisce anche i ciociari che devono arrendersi allo strapotere dei ragazzi di Andreazzoli. Un’esibizione di forza mentale e qualità di gioco che sbalordisce, lasciando agli avversari una vaga sensazione di stordimento, vertigine e impotenza.
Ciccio Caputo e compagni hanno ormai un piede e tre quarti in serie A. La squadra di Moreno Longo, seconda in classifica, è distante 11 lunghezze dagli azzurri, quando mancano appena 6 giornate alla conclusione. Lo “Stirpe” è tutto esaurito. Il Frosinone ha chiamato a raccolta l’intera città per arginare l’Invincibile Armata empolese e allungare le distanze sulle inseguitrici Parma e Palermo. Il presidente frusinate Maurizio Stirpe, alla vigilia, la definisce “la partita della vita“. L’Empoli, ormai al riparo da qualsiasi sorpresa, non si sta limitando a condurre un campionato a sè. Si sta trascinando verso il trionfo con l’imperturbabilità, la serenità e la consapevolezza di chi guarda tutti dall’alto senza essere minimamente sfiorato da qualsiasi vicenda esterna che non lo riguardi. Ci sono tutte le condizioni per un’incidentale battuta d’arresto nel percorso di capitan Pasqual e soci.
Dopo una manciata di secondi, il Frosinone è già in vantaggio grazie a Ciano che beffa Gabriel con una conclusione di sinistro. Il boato dei tifosi gialloblù è assordante ma gli azzurri sono impermeabili a qualsiasi condizionamento ambientale. Proprio quando i frusinati sembrano controllare agevolmente la gara, gli azzurri pareggiano a inizio ripresa con un colpo di testa di Krunic, che sfrutta l’ennesimo assist stagionale di Zajc. Pochi minuti dopo, una rasoiata da fuori area di Ciano illude i sostenitori locali. E’ l’ultimo, illusorio lampo dei ciociari. D’ora in poi ci sarà spazio solo per l’infinita sinfonia azzurra. Troppo elevata la qualità della musica suonata dall’orchestra di Aurelio Andreazzoli per fare a meno di ascoltarla. Corner di Pasqual, testa di Di Lorenzo: 2-2. Sontuosa verticalizzazione di Zajc, destro di Caputo: 2-3. Assist di Caputo, piatto di Lollo: 2-4.
L’Empoli gioca ancora a “Forza Quattro”. Lo ha fatto con le avversarie più accreditate, Perugia, Bari, Palermo e Parma e si è ripetuto con il Frosinone. Non si è mai visto niente di simile. Gli azzurri sono un fiume in piena che travolge qualsiasi ostacolo gli si pari davanti. “Nel corso della gara, abbiamo perso un pò di equilibrio. Ho dovuto più volte tenerli a freno, richiamare i ragazzi a un maggior ordine, perchè questi non volevano vincere. Volevano stravincere”. Le parole a fine match di colui che, per tutti i tifosi azzurri è ormai diventato Nonno Aurelio, la dicono lunga sullo strapotere tecnico e mentale di una squadra forse irripetibile. Una settimana dopo, la passerella casalinga con il Novara certificherà il ritorno matematico in massima categoria dell’Empoli, a 11 mesi di distanza dal disastro di Palermo. Non è passato neppure un anno, eppure tutto è cambiato. Nel frattempo si è passati attraverso un’autentica rivoluzione tecnica e dirigenziale e attraverso il più illuminante cambio in corsa che la storia azzurra ricordi.
Dicembre 2017. L’Empoli di Vincenzo Vivarini, a due giornate dal termine di un’altalenante girone d’andata, è quarto in classifica. Il secondo posto, che assicura la promozione diretta in serie A, dista appena 2 punti. E’ vero, si avverte netta la sensazione che la squadra, insicura sul piano difensivo e fragile lontano dal Castellani, si stia esprimendo al di sotto delle proprie potenzialità. Ma, in fin dei conti, siamo a dicembre. Mancano 21 giornate al termine del campionato, con tutto un girone di ritorno da disputare. Praticamente un’eternità. Ci sono ampi margini per migliorare il proprio rendimento e crescere in termini di convinzione e personalità. E poi, tutto sommato, anche quando non sei al top, basta affidarsi a Ciccio Caputo e Alfredo Donnarumma. Una coppia del gol talmente fuori categoria che è lecito chiedersi che diavolo ci faccia in serie B.
L’Empoli può percorrere due strade. Quella della razionalità, della prudenza, dell’attendismo, che invita la società a tergiversare, aspettando che i semi gettati comincino lentamente a germogliare. Oppure quella dell’intraprendenza, dell’audacia, del coraggio. L’idea è quella di non subire gli eventi con passività ma di andargli incontro, piegandoli perentoriamente a sè. Anche a costo di assumersi la responsabilità di una decisione rischiosa e impopolare. “Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia“, diceva il filosofo olandese Erasmo Da Rotterdam. L’Empoli sceglie di sparigliare le carte per far saltare definitivamente il banco. Si viene da 5 risultati utili consecutivi ma l’istinto dice: via Vivarini, dentro Aurelio Andreazzoli. Non è spavalderia, ma piena consapevolezza dei propri mezzi. Non è incoscienza, ma capacità di guardare in prospettiva. Un pò più in là, oltre il sentire comune.
Il resto è storia. 28 risultati utili di fila. 88 reti all’attivo, di cui ben 49 siglati da Caputo e Donnarumma: un tandem destinato a restare per sempre nell’immaginario collettivo. 85 punti, a +13 dalla seconda classificata. Promozione in A con 5 giornate d’anticipo. La valorizzazione di talenti come Di Lorenzo, Bennacer, Zajc, Krunic, Traorè e Luperto, unita alla solidità e al temperamento di gente come Maietta, Pasqual, Castagnetti, Gabriel e lo sfortunato Rodriguez. La Coppa Ali della Vittoria alzata per la prima volta al cielo del Castellani. Una stagione magica sotto il segno di Andreazzoli. “Il nostro pubblico è differente. La gente di Empoli non si accontenta di vedere una squadra che pensa solo al risultato. E’ disposta ad accettare la sconfitta ma vuole vedere il coraggio, la mentalità, la ricerca del bel gioco. Non in senso estetico ma in senso produttivo“. Nonno Aurelio aveva capito tutto.
Ricordi ineguagiabili in quel della Ciociaria..arrivare, dominare, dare giri e arie gremite di follia, il valzer dei calabroni palombari, le acciaierie organiche ammassate nei vicoli, la bolivia, il mulinare vorticoso delle betoniere, gli incidenti ferroviari comici e camerunensi..
La droga fa male…
Presente. Trasferta molto scomoda di circa 400km specie per un lunedì.
La squadra quell’anno era straripante e avevamo la sensazione, prima della partenza, potesse succedere qualcosa di grosso. Così partimmo col nostro solito gruppo di amici.
È rimasta nel nostro immaginario come una delle più goderecce di sempre fra le tante che abbiamo fatto
Frusinate canta finche vuoiiiiiiiii……tanto in serie A ci andiamo noiiiii…IO C’ERO. DA SEGHE
Quell’anno squadra forte in tutti i settori, ma soprattutto in attacco, la più forte di sempre; poi nonno e la società hanno deciso di rompere quella coppia eccezionale !!! E la cosa è andata come è andata, anche se quei giocatori hanno portato tanti soldi in cassa.
Il pensiero del Nonno è il mio pensiero.
Sono disposto a veder perdere la mia squadra, ma in cambio vorrei vedere coraggio, fantasia e ricerca del bel gioco.
Partita entrata di diritto nella nostra Storia
Squadra emozionante!.. Lontana anni luce dalla schifezza attuale.
X cuorematto, ci vuole la mentalità giusta, ma soprattutto bravi giocatori; spesso perdere significa giocare male sicuramente peggio degli altri.
Non sempre, non sempre…
A Napoli e a Juventus, ad esempio, non meritavamo di perdere per voce stessa degli avversari, perché giocammo meglio.
Con Udinese, Atalanta e Bologna vince mo, ma immeritatamente.
È che le partite spesso le decidono gli episodi.
Ma per come lo concepisco io, l’episodio non conta.
Conta la mentalità, che abbinata alla qualità e ad una visione tatticamente illuminata, alla lunga ti porta a raggiungere gli obiettivi.