Massimo Ferrero non è più il presidente della Sampdoria. La Federcalcio ha comunicato ieri mattina al diretto interessato e, per competenza, alla Lega Serie A la decadenza dall’incarico, chiudendo una vicenda che si trascinava da più di un anno.

Tutto comincia il 4 febbraio 2016 quando il Gup di Busto Arsizio accoglie l’istanza presentata da Ferrero, che patteggia una condanna di un anno e 10 mesi per il crac della compagnia aerea Livingston, fallita nel 2010 e appartenente all’epoca alla Fg Holding presieduta dallo stesso Ferrero. Un caso giudiziario che ha risvolti in campo sportivo perché l’articolo 22 bis delle Noif (Norme organizzative interne federali), quello sull’onorabilità, recita così: “Non possono assumere la carica di dirigente di società o di associazione, e se già in carica decadono, coloro che siano stati o vengono condannati con sentenza passata in giudicato a pene detentive superiori a un anno” per una serie di delitti tra cui rientra la disciplina del fallimento.

Ferrero rimane proprietario della Sampdoria, che nel giugno 2014 Edoardo Garrone gli cedette a titolo gratuito. L’articolo 22 bis non interviene sui legami azionari tra un soggetto e una squadra di calcio ma disciplina la compatibilità degli incarichi dirigenziali, per preservare l’onorabilità di chi riveste un ruolo rappresentativo nel mondo del calcio. Ciò significa che Ferrero dovrà cedere la presidenza (probabilmente a un suo familiare) e non potrà più rappresentare la Samp nelle sedi istituzionali, come per esempio nelle assemblee di Lega. Dal punto di vista pratico cambierà poco: Ferrero continuerà ad avere il potere decisionale sul club.

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