Roberto D’Aversa, allenatore dell’Empoli, ha rilasciato un’intervista ai microfoni di ‘Cronache di spogliatoio’, raccontando le vicissitudini che lo hanno colpito nell’ultimo anno e parlando dell’inizio di stagione
I PROBLEMI FAMILIARI – «Sono nato in Germania, a Stoccarda, 49 anni fa. I miei genitori si erano trasferiti a 16 anni per lavorare: mio padre consegnava le bibite, soprattutto Coca-Cola, mentre mia madre faceva la sarta. Hanno fatto una vita di privazioni e rinunce per permettere a tutta la famiglia di andare avanti. Mai un giorno di vacanza, mai una cena al ristorante. Quando siamo tornati in Italia avevo 3 anni. Passarono a lavorare al mercato: ogni mattina, all’alba, tutti i giorni. Girando le piazze e le zone limitrofe di Pescara. Cambiava la piazza, cambiava la gente, ma non la prospettiva. Quello è il vero sacrificio. Quando parliamo del nostro sacrificio, quello sportivo, dobbiamo ricordarci che i sacrifici sono altri. I miei genitori si sono negati tutto per permettersi di poterci dare una casa a testa: a me, a mio fratello e a mia sorella. Li ringrazierò per sempre, per tutta la vita. Non mi perdono il fatto di non essere stato presente nella loro vita da quando la mia carriera è iniziata. Sono una persona che vive per il lavoro. Vivo così, in tutto e per tutto. È un difetto che ho, che fa parte di me. Mia madre ha un ictus, ormai da diverso tempo. Un evento che mi ha cambiato. Non mi perdono che non sono riuscito a starle vicino. Non mi perdono quando lo scorso anno, dopo la partita a Frosinone, non sono andato da loro a Pescara. Avevamo pareggiato, era un periodo complicato per il mio Lecce. I miei collaboratori me lo ripetevano: «Vai dai tuoi, vai a trovarli». Ma alla fine ho scelto di tornare a Lecce. In quel periodo così difficile sono andato soltanto due volte da loro. E se ci ripenso, mi vergogno. Quando guardo quella situazione dall’esterno, credo che mia madre sappia quanto bene io le voglia. E questo mi fa vergognare ancora di più per il mio comportamento, per i sacrifici che hanno fatto. Sono sicuro che loro siano orgogliosi di me: quando giocavo, non volevo che lei venisse allo stadio, ero preoccupato per gli insulti che avrebbe sentito. Ma ho sempre cercato di dare qualcosa indietro e in cambio. Il lavoro dell’allenatore è dominante. È una figura totalizzante. Che ti toglie il fiato. La mia attenzione è tutta lì, ho un difetto gigantesco: essere testardo. Come quando non ho ascoltato le voci di chi mi suggeriva di andare da loro, a Pescara, che da Frosinone non era poi così lontana».
LA TESTATA A HENRY – «Potevo fare meglio. È una frase che ripeto spesso, visto anche l’epilogo della mia esperienza a Lecce. Ho pagato tutte le conseguenze che potessero arrivare. Mi sono vergognato quando sono rientrato a casa e mia moglie mi ha detto: «Ma cosa hai combinato?». L’esonero, le 4 giornate di squalifica. Quella testata a Henry mi ha perseguitato: ho commesso un grave errore, mi sono subito scusato, e ho immediatamente chiamato il ragazzo dopo la partita. Ho dovuto spiegare tutto ai miei figli. Ho dovuto parlare con mio figlio Simone, che ha 16 anni e a cui dico sempre di non litigare in campo. Ho dovuto farlo con Francesco, che invece ne ha 14, che ama la pesca e il tennis. E guardare in faccia la più piccola, che ne ha 9, la più pura, dovendo raccontare il mio gesto e la mia giustificazione. Far capire che avevo sbagliato risultando credibile. Mi dispiace aver messo in difficoltà Corvino e Trinchera, dirigenti del Lecce. Non ho potuto portare a termine un lavoro strepitoso. Ho grande rammarico per questo. Ho ricevuto un attacco mediatico, ma il mondo del calcio non mi ha abbandonato. Non tutti si sono voltati dall’altra parte. Tantissimi dirigenti che non avevo mai incontrato in vita mia mi hanno chiamato o scritto per esprimermi vicinanza. E anche alcuni allenatori lo hanno fatto. Ho i loro nomi salvati nelle note del telefono. Hanno compiuto un gesto che mi ha colpito. So bene chi sono quei nomi. La mia famiglia vive ancora a Lecce, dove abbiamo dato continuità al percorso di vita dei nostri figli, e la gente ci ha sempre espresso amore e vicinanza. I tifosi sono stati solidali, hanno capito quel gesto. Se ho avuto il timore di aver perso il treno della Serie A per colpa di quel gesto? Il telefono squillava comunque. Certo, arrivavano chiamate dalla Serie B e io tergiversavo. Non volevo perdere la Serie A. Il Cesena si era fatta avanti concretamente, abbiamo parlato. Ogni società di A che mi chiamava, magari aveva altre scelte. Ed è chiaro che dopo ciò che era successo, D’Aversa non fosse più al primo posto. Neanche al secondo. Non volevo andare all’estero, mi sembrava di scappare da ciò che era successo. Non volevo dare quell’immagine. Non avevo certezze. Infatti devo ringraziare per il coraggio sia il presidente Corsi, sia il direttore Gemmi. Qui c’è una circostanza che mi piace, vogliamo rimanere in Serie A».
L’INIZIO DELL’EMPOLI E PELLEGRI – «Li ringrazio per non aver guardato l’etichetta. Sono il primo a cui non piacciono i pregiudizi. Vi faccio un esempio: Pietro Pellegri. Da sempre gli hanno attaccato delle etichette. Io me ne sono fregato: vedo solo che arriva prima al campo e va via oltre l’orario di allenamento. Si è messo a disposizione. Tutto il resto non conta. Solo i fatti hanno importanza. A Empoli ho trovato una società che sa osare. Siamo soddisfatti del percorso che abbiamo fatto fin qui. Abbiamo lavorato duro, siamo andati ben oltre le aspettative. Il pensiero della famiglia Corsi è chiaro: sono tanti anni che investono le proprie risorse sul settore giovanile, quest’anno sono stati bravi a individuare anche calciatori da valorizzare che arrivano da fuori. Il risultato è soltanto la conseguenza di come ci stiamo allenando. Non abbassiamo mai il livello di attenzione e di umiltà. Ognuno in rosa ha il proprio obiettivo, chiaramente, ma tutti sono applicati per il bene comune, per un obiettivo comune. È un gruppo in cui i giovani sono importanti così come i più anziani, che stanno svolgendo un ruolo fondamentale sia in campo che fuori».
FAZZINI – «Su Fazzini c’è stata superficialità da parte nostra e della FIGC nella gestione. Forse avremmo potuto evitare la convocazione di ottobre. Ho trovato un ragazzo collaborativo, avevo un pensiero su di lui ma non pensavo fosse così forte e determinato. Non voglio creare aspettative. Deve incattivirsi perché è abituato a determinare, si piace molto nel mandare in porta i compagni ma deve incattivirsi. Fisicamente è un top: rapido e resistente, è veramente raro per quelli del suo ruolo e con la sua tecnica. Deve essere più “brutto”».
GOGLICHIDZE – «Il nostro è un percorso e credo che un esempio possa essere Goglichidze. Quando contro l’Inter è stato espulso, è uscito in campo sconvolto. Già in campo, comunicando con Viti, aveva capito che sarebbe stato buttato fuori. La postura del suo percorso, con la maglia sul volto, mostrava quanto fosse mortificato. Mi sarei arrabbiato solo se fosse stata una sciocchezza voluta e fuori dai nostri principi. Quando sono arrivato faceva fatica ad avere il ritmo in allenamento. Non aveva mai giocato. Non parla italiano, parla poco inglese. Anche comunicarci non è facile. Ma lavora come un matto. Gli ho solo detto di far tesoro, gli ho spiegato che con le nuove regole e con il VAR deve stare ancor più attento al minimo tocco. È uno che si comporta da professionista ed è questo il messaggio che ci serve».
VASQUEZ – «Su Vasquez è stato molto bravo il direttore. Lo scorso anno aveva giocato soltanto 7 partite con l’Ascoli in Serie B ed era retrocesso in C. Non so in quanti avrebbero avuto la lungimiranza di affidargli la porta di una squadra di Serie A. Ha sorpreso anche me: ma come dico sempre, arrivare in A è difficile, ma è confermarsi la vera sfida. Ha tutti i mezzi per farlo».
L’AMICIZIA CON CONTE – «Me lo ha trasmesso anche Antonio Conte, quando mi ha allenato al Siena. Era il vice, ma la sua mentalità era impressionante nonostante le nostre premesse non fossero da alta classifica. Anche dopo un pareggio, mentre noi eravamo contenti, lui chiedeva di più e non era felice: vedeva il nostro reale valore, sapeva come aumentarlo. Era bravo e determinato nel vedere il potenziale dei giocatori. Siamo diventati amici, anche troppo. Lui è il padrino di mia figlia, e viceversa. Non abbiamo un bel carattere, ma ci mettiamo buon umore. Siamo diventati molto legati grazie alle nostre mogli. Il nostro rapporto è disinteressato. Quando andiamo in vacanza, io prenoto per la mia famiglia e sua moglie per la sua. Ci diciamo sempre che se ci fossimo spostati incrociando le coppie, loro non avrebbero fatto una vacanza in vita loro perché non sarebbero mai riusciti a organizzarla».
Una gran bella e sincera “intervista senza filtri”da parte del Mr… una persona che ci sta sorprendendo ogni giorno che passa e che riscopriamo genuina come piace a Empoli
Si legge tra le righe che è una persona vera con pregi e difetti e che soprattutto sà di averli. Speriamo che le cose vadano avanti bene fino a fine stagione almeno, sarebbe una bella storia, la fortuna è che è in un ambiente con le idee chiare, altro che Genova o Roma o Lecce dove veramente si sono comportati male con Gilardino, De Rossi e Gotti.
Bellissima intervista.
Mi ha fatto riflettere su ciò che a volte vediamo e interpretiamo, magari erroneamente.
Dietro una storia, c’è sempre un’altra storia, che magari porta a dei gesti sbagliati o a farci sembrare agli occhi degli altri, ciò che non siamo veramente.
Mi hanno particolarmente colpito le parole su Pellegri: “vedo solo che arriva prima al campo e va via oltre l’orario di allenamento. Si è messo a disposizione”
Quando è entrato in campo a Parma, io (ma credo anche molti altri utenti), ho pensato a un giocatore che potesse “spaccare” lo spogliatoio, probabilmente Pietro aveva invece solo tanta rabbia repressa e voglia di “riscattarsi” verso quelle persone che lo hanno giudicato in passato per i suoi problemi fisici.
Molto belle anche le parole verso Gogli, Fazzini e Vazquez.
Speriamo di centrare il nostro obiettivo finale: il Mister e questi ragazzi se lo meritano pienamente.
la squadra e’ la diretta conseguenza del suo percorso personale , torna tutto
Forza mister
Della serie, chi non sbaglia scagli….. Io penso, mister, che il fattaccio con Henry sia ormai chiuso, anche, perché hai già pagato. Sei in una grande persona, prima di un ottimo allenatore.
Ps l’unica cosa che ti voglio dire, cerca il tempo di qualche visita in più per i tuoi genitori.
Una vera confessione a cuore aperto: se fossi un sacerdote lo assolverei e lo benedirei.
Una persona vera! Bravi il Pres e Gemmi ad affidargli la panchina
Dopo questa toccante intervista, resta ancor più incomprensibile il fattaccio con Henry.
Ma davvero Guido tu sei sempre stato irreprensibile in ogni tuo gesto? Anche quando eri stanco, sfinito, avvilito? Le cose capitano, bisogna andare avanti e sperare che le conseguenze dei nostri errori, peccati, sbagli, non siano troppo forti.
E magari crescere, cercare di non cadere nei soliti errori e cercare di non farne di nuovi.
Cosa c’entrano codesti discorsi; a parole, a volte si può anche superare i limiti, ma mai andare oltre, soprattutto a certi livelli e davanti a tutti.
Come e’ facile sparare giudizi da dietro una tastiera.Cosa si sa delle tensioni,dei problemi,delle angustie che un uomo si porta dentro? Facile fare i giudici senza sapere nulla delle vite degli altri oppure fare i fenomeni inchiodando una persona per un gesto fatto in un momento particolare come se non avesse fatto altro che quello in vita sua.E’ proprio vero:uno fa bene nove cose su dieci ma verra’ ricordato per quella sbagliata.
Non sarò certamente io a dare giudizi, ci mancherebbe altro, e non l’ho fatto. Ho semplicemente detto che considerando “la toccante intervista”, mi rimaneva difficile comprendere il gesto del mister; tutto qui, senza polemica.
Purtroppo, come hai sottolineato, a livello di media si ricorda di più una cosa sbagliata (completamente sbagliata) che cento fatte bene; è così che vanno le cose.
Comunque resta il fatto (e a questo punto dò un giudizio generale, visto che me lo avete rimproverato, e credo tutti siano d’accordo), che quelle cappellate non si devono assolutamente fare (il mister l’ha subito riconosciuta e si è scusato col giocatore e con tutti); era sempre una partita di calcio, non la morte di nessuno, e certe cose a qualsiasi età non sono ammissibili.
Grande Mister. Un uomo da Empoli, con valori forti, radicati, sinceri, fatti di lavoro, dedizione, famiglia.
E pensare che ero tra i detrattori.
Chiedo scusa all’uomo D’Aversa e a tutti quelli che giudico per partito preso. Sperando di non rifarlo.
SFE💙
Va bè lo avevo seguito ,io ho fatto solo il suo nome , e poi era una fissa mia con capivo come facesse il Lecce a correre così tanto! ci sarà il calo ma spero che abbia trovato il modo di durare ancora di più di come fece a Lecce…
Grande mister….
Poi Guido c è anche da dire una cosa. D Aversa avendo sbagliato non lo dirà mai ma anche Henry deve essere una fava di nulla. Ti ricordi che Zanetti a Venezia pur essendo un suo giocatore lo voleva menare? Per far arrabbiare uno pacato come Zanetti ce ne vuole e non era suo avversario. Probabilmente le offese di Henry a D Aversa furono roba pesa x farlo reagire a quel modo.
Non è comunque una scusante; credo che se ci sono state delle offese di Henry (anche se lui le ha smentite), non erano dirette al mister, ma caso mai ad un giocatore avversario. Per me, si è solo perso la testa in quel momento, e non va bene; ma sono cose ormai passate e già il mister ha pagato con la squalifica.
I fatti poi hanno detto questo:
D’Aversa è decimo in Serie A, Henry decimo in Serie B
Mister, fino alla fine insieme…. forza, abbiamo ancora molta strada da fare….