In un’estate di incertezze e ripensamenti Roberto D’Aversa è approdato all’Empoli senza clamore, quando sembrava destinato a guidare il Cesena in Serie B in virtù di un accordo ormai vicino alla stretta di mano. Non era la prima scelta del club toscano, che sembrava intenzionato a confermare Davide Nicola e valutava persino Eusebio Di Francesco. Eppure, con professionalità e dedizione, D’Aversa è diventato il vero valore aggiunto dell’Empoli, trasformando le aspettative in risultati e il silenzio in applausi. Arrivato in sordina, l’allenatore ha accettato di buon grado una situazione che poteva apparire scomoda. Un mercato estivo lento e qualche acquisto che inizialmente non faceva sognare i tifosi non hanno scalfito il suo entusiasmo. Al contrario, D’Aversa ha colto quest’opportunità con umiltà, pronto a rilanciarsi e a scrollarsi di dosso qualche ombra lasciata dall’esperienza di Lecce, dove un gesto nei confronti di Henry in una partita contro il Verona aveva lasciato il segno. La sfida di Empoli è diventata quindi per lui non solo una nuova avventura, ma anche una possibilità di rinascita, un’occasione per dimostrare a tutti – e a se stesso – il proprio valore.
Fin dalle prime battute D’Aversa ha saputo leggere l’ambiente e comprendere le dinamiche della piazza azzurra, adattandosi con intelligenza e pazienza. Non ha cercato di stravolgere il lavoro dei suoi predecessori, consapevole che un buon allenatore non deve cancellare ciò che è stato fatto ma costruire su basi solide quando queste sono presenti. Ha però saputo infondere nuove idee, soprattutto nello sviluppo della manovra, rendendo il gioco dell’Empoli più fluido e godibile rispetto agli anni precedenti. L’identità della squadra è diventata subito riconoscibile: un calcio moderno, veloce e capace di sorprendere, reso ancora più interessante dalla sua scelta di schierare una difesa a tre e di lanciare sin da subito Goglichidze, la grande rivelazione della stagione. D’Aversa ha dimostrato fin da subito idee chiare e visione tattica. La sua filosofia di gioco, orientata a creare una squadra coesa e propositiva, sta dando i suoi frutti e il suo modo di comunicare lo rende un personaggio apprezzato anche fuori dal campo. Che sia nel pre-gara o nel post-partita, D’Aversa è sempre aperto al confronto, spiegando le proprie scelte con trasparenza e tenendo sempre unito il gruppo, facendosi carico di responsabilità e alleggerendo la pressione sui giocatori.
L’Empoli, oggi, non solo occupa una posizione di classifica interessante ma esprime anche un calcio propositivo e chiaro, un’identità precisa che ha conquistato i tifosi e richiamato attenzione da tutta la Serie A. In una stagione che si preannunciava complicata, la squadra di D’Aversa, al quarto anno consecutivo nella massima serie, sta smentendo i pronostici e si candida per essere una delle migliori versioni di sempre dell’Empoli. Questo merito va principalmente al mister che, con il suo lavoro silenzioso ma deciso, sta scrivendo una nuova pagina della storia azzurra e conquistando il cuore della piazza, costruendo qualcosa che va oltre i numeri: la voglia di guardare avanti con fiducia e ambizione.
Sono assolutamente d’accordo con l’articolo di Alessio, il Mister sta facendo un ottimo lavoro di valorizzazione dei nostri ragazzi, cerca di mantenere un gruppo unito (fattore fondamentale per tutti, ma ancor più per una squadra che si deve salvare) e non ha paura di gettare nella mischia giovani ragazzi.
Il suo calcio è “roccioso” in difesa, ma allo stesso tempo fa vedere delle belle giocate in attacco.
Utilizzando termini da cucina (come va di moda adesso), lo “Chef” sta dando valore agli ingredienti a sua disposizione, amalgamandoli fino ad ottenere il giusto equilibrio.
D’accordissimo sulla qualità del lavoro del mister che ha adottato il modulo con la difesa a 3/5 nonostante lui giocasse a 4 adattandosi agli uomini a disposizione. La voglia di cancellare quell’ onta della testata ha aggiunto emotivamente altro surplus. Bene su tutto il fronte.
L’ unica cosa su cui non sono d’accordo con l’articolo è dire che fa un gioco propositivo. Niente di tutto questo. Nel calcio una squadra di bassa classifica o fa una cosa o ne fa un’altra. Non c’è niente di male nel dire che D’Aversa fa un gioco difensivo basato su difesa e contropiede. Non solo segniamo poco ma tiriamo pochissimo in porta (la metà del lecce che è terz’ultimo per esempio). Siamo tra le squadre col possesso palla più basso di tutta la serie A. Ripeto, va strabenissimo così. Però chiamiamo le cose col loro nome. E’ un’ evoluzione un pò più gradevole del gioco di Nicola, ma sempre di quello si tratta. Ovviamente se ti indirizzi da una parte, è ovvio che si segna poco.
Diciamo che finché le forze ti sostengono (60/70 minuti), con un grande dispendio di energie, si fa anche un gioco propositivo: difesa ed attacco allo stesso tempo; poi diventa una cosa ovvia difendersi ad oltranza, soprattutto perchè non riusciamo più a ripartire, con un centrocampo sfiancato. L’unica partita che può sembrare diversa, ma non lo è, è stata quella col Como: primo tempo anomalo, volto essenzialmente a non scoprirsi, e poi una ripresa a spron battuto per quasi tutti i 45 minuti. Per ora è così; non riusciamo a mantenere gli stessi ritmi per tutta la partita; diamo il tutto per un tempo e mezzo, per poi avere quei 20/25 minuti, di sbandamento, rifugiandosi indietro e sperando sulla nostra ottima difesa.
Guardando le statistiche siamo la terza squadra che fa meno tiri in porta mentre nel possesso palla siamo ultimi staccatissimi dalle altre. Solo il Verona si avvicina ai nostri numeri. L unico modo per salvarci. Difendere bene e con ordine e cercare di ottimizzare al massimo le occasioni offensive
Esatto. Ma non parliamo di gioco propositivo. E’ un gioco efficace. E va benissimo.
I primi tempi con Napoli e Roma, però, dimostrano che sappiamo anche fare un gioco manovrato e propositivo
Ma sta conferenza di servizio ma dopo un mese un si sa la data?…
Deuna sega solo in Italia ci vuole secoli per fare…
Dopo 10 anni siamo ancora alle discussioni!
e poi vengono giù i Ponti….
Alchimia giusta: il modo di allenare di D’Aversa si sposa perfettamente col modo di fare calcio che abbiamo a Empoli….
Be ‘ è il calcio di molte squadre mutuato da Gasperini e da come gioca L Atalanta da anni , 3421 di base , ovviamente con le dovute proporzioni , poco possesso , giocate in verticale ed aggressività in tutte le zone del campo uomo contro uomo .
Sinceramente a me piace , stimola i giocatori e gli da’ adrenalina e convinzione nei propri mezzi , molto meglio di un possesso inutile e sterile per L 80% della gara e per ora anche produttivo per noi
D’accordo con Dippe. E non stiamo a discutere se il gioco è “propositivo” o no. Per me non vuol dire quasi nulla.
Hanno ragione Giovanni e Dippe.
Il gioco dell’Atalanta si basa sulla rapidità di esecuzione, nel ribaltare l’azione. È chiaro che facendo così non ti serve tenere tanto la palla, ma quando ce l’hai il compito è tagliare il campo e infilarti dentro. Soltanto che Lookman e soci sono Campioni EL, noi apprendisti bravi. Ci vuole tempo. Anche per aumentare i tiri in porta e di conseguenza i gol.
Ma non è del tutto sbagliato chiamarlo gioco proposititivo. Adesso sai sempre cosa fare quando hai la palla, poi può andare bene o male, ma hai idee chiarissime su come proporre la tua idea.
Non è nemmeno una bestemmia sportiva dire che questa è un’evoluzione di Nicola. Si parte dallo stesso principio dell’aggressività e della compattezza, ma poi lo sviluppo è decisamente più pensato e strutturato, rendendo davvero gradevole vedere l’Empoli.
Ps: Andreazzoli ha fatto la nostra storia, i quaranta passaggi di Empoli Palermo e vari 4-0 rifilati a tutti non possono valere gli insulti di Enrico e soci. Sciacquatevi la bocca e portate rispetto ad un signore che con quei “campioni” ci ha preso quinti e siamo arrivati primi con dieci punti di distacco.