Sulle orme di Vinci
E’ più o meno l’ora di cena quando Giuseppe Arvìa ci risponde al telefono mentre si trova davanti alla sua casa di Melfi, cittadina di poco più di 17.000 abitanti, famosa più per lo stabilimento della Fiat che per la squadra di calcio. Giuseppe però di professione fa il calciatore, per la precisione il terzino destro o, per i contemporanei, l’esterno di destra della difesa del Melfi, formazione di Lega Pro, Seconda Divisione girone C. Distante 650 chilometri dalla sua Pontedera dov’è nato il 24 Maggio del 1988, dov’è cresciuto e dove ha iniziato a tirare i primi calci ad un pallone. Ha iniziato a farlo in una piccola società del posto, l’Oltrera, fino a quando un osservatore di Cascina, Moreno Simonetti, si accorse di lui e lo portò ad Empoli quando era poco più di un bambino. Gli faccio notare che ad Empoli non tutti pronunciano bene il suo cognome; meglio fare chiarezza:
“Il mio cognome si pronuncia Arvìa e non Arvia. Molti si sbagliano perché quando lo scrivono non mettono l’accento sulla i”.
Primo dubbio fugato.
Eppure di tempo ne hai passato ad Empoli…
“Beh sì… Sono stato dieci anni nell’Empoli, in pratica ho fatto tutta la trafila delle giovanili. Inizialmente giocavo come difensore centrale e così è stato fino agli Allievi Nazionali, poi al primo anno di Primavera sono stato spostato a destra nel ruolo di terzino e all’occorrenza venivo impiegato anche a sinistra, in quest’ultimo ruolo però ero adattato essendo io un destro puro”.
Se tu dovessi indicare un tuo pregio e un tuo difetto?
“Ehhh… Un pregio… Il piede. Nel senso che ho un buon tiro. Il difetto invece è il colpo di testa che però per un difensore è una cosa importante, in questo sto cercando di migliorare”.
L’anno scorso eri a Valenza, in Piemonte, sempre Seconda Divisione, girone Nord. Quest’anno a Melfi, girone Sud. Che differenze hai trovato nei due campionati?
“Sono due gironi completamente diversi. Nel girone A si trovano squadre più organizzate che cercano il gioco. Anche nel girone C ci sono squadre organizzate, però oltre ad essere preparato a livello tecnico e tattico devi anche essere agonisticamente pronto perché comunque vai a giocare in campi importanti, campi caldi, se non hai la cattiveria e l’agonismo giusto è dura far risultato”.
Valenza e Melfi sono quindi due realtà diverse…
“Valenza era una piazza tranquilla, non c’erano grandi pressioni e si stava bene mentre qua a Melfi c’è più pubblico, i tifosi ovviamente pretendono. Si sta bene anche qui, non ho trovato particolari difficoltà nell’ambientarmi anche se è diverso rispetto al Nord, c’è un altro modo di vivere il calcio”.
Che rapporto hai con il tuo allenatore Paolo Rodolfi?
“Con il Mister ho un rapporto di stima reciproca, sia professionale che umana. L’ho avuto l’anno scorso nella Valenzana quando è subentrato ad aprile ad Ansaldi. Quando ci sentimmo in estate e mi disse che mi avrebbe voluto con lui qui a Melfi accettai volentieri”.
E poi ti sta facendo giocare abbastanza…
“Sì. Sono soddisfatto del mio impiego perché sto giocando praticamente sempre, un po’ meno all’inizio del campionato perché avevo dei problemini ma adesso scendo in campo con continuità e le cose stanno andando bene, sia a livello personale che a livello di squadra”.
Tu stai praticamente calpestando, visto anche il ruolo, ogni zolla calpestata da Vinci che è stato a Melfi nel 2007/08 e che adesso è titolare in Serie B con l’Empoli…
“E’ vero. Con Alessandro, poi, ho giocato due anni negli Allievi Nazionali quando disputai il campionato con gli ’87. Tutti i tifosi del Melfi che mi fermano per strada mi augurano di fare quello che ha fatto lui qua perché ne conservano un ottimo ricordo”.
Ripercorrendo i tuoi trascorsi azzurri, qual è stato il momento più bello e quale quello più brutto?
“Ricordi belli ne ho tanti, non è facile rispondere, ma forse il più bello è quello della finale del Torneo di Viareggio con l’Inter prima dei calci di rigore…”.
E il più brutto?
“Quello dopo i calci di rigore di quella partita…”.
Già. Grande amarezza in quel 13 Febbraio del 2008. Era il replay della finale. La prima terminò 1-1 e come da regolamento ci fu la ripetizione. Anche la seconda terminò in parità, stavolta per 2-2, ma è ancora vivo nei ricordi del popolo azzurro quel brutto fallo di N’Ze su Mchedlidze lanciato a rete a tre minuti dal 120′. Poi i rigori, con l’errore fatale di Hemmy e tutti ad incensare l’Inter di Balotelli. Giuseppe condensa in questa gara i ricordi e le emozioni più intense di dieci anni di azzurro. Lui che di questa squadra ne era il capitano.
A chi ti sentiresti, oggi, di dire grazie?
“Oltre a Simonetti che mi ha portato ad Empoli debbo ringraziare tutti e dieci gli allenatori che ho avuto in azzurro perché ognuno di loro mi ha dato qualcosa per far sì che adesso possa giocare in categorie importanti. Se però devo dire grazie ad una persona mi sento di ringraziare Ettore Donati perché nei due anni di Primavera mi ha dato tantissimo dal punto di vista calcistico ma anche, e soprattutto, dal punto di vista caratteriale. Mi ha preparato a fare il calciatore anche lontano da casa”.
Come sei organizzato, come vivi a Melfi?
“Vivo in un appartamento in centro assieme a Saverio (Pellecchia n.d.r.) che è un mio grande amico e con il quale abbiamo fatto il settore giovanile insieme. Appena siamo arrivati a Melfi e davano gli appartamenti non ci ho pensato due volte a dividerlo con lui”.
Ma…Toglimi una curiosità: chi cucina?
Ride. “No, no… Mangiamo al ristorante della società… Però devo dire che per quelle rare volte che ceniamo a casa Saverio è un gran cuoco!”.
E alle altre faccende domestiche chi ci pensa?
“Abbiamo una ragazza che viene a casa e che si occupa di lavare, stirare, pulire ecc…Qui però non c’entra niente la società, l’abbiamo presa noi”
Mi descrivi una tua giornata tipo?
“Allora… Premetto: sono un gran dormiglione. La sveglia non la metto mai, la mia sveglia è Saverio che a mezzogiorno viene a buttarmi giù dal letto. Al pomeriggio ci alleniamo poco fuori la città, presso il Centro Sportivo del Melfi che tra l’altro è molto bello e che dista circa dieci minuti di auto da casa. Soltanto il mercoledì facciamo “il doppio”. Finito l’allenamento solitamente facciamo una passeggiata in centro, facciamo merenda, un giro per i negozi perché capita che ci dobbiamo comprare qualcosa. A cena andiamo sempre al ristorante della società e il dopo cena… Beh… Sia io che Saverio siamo malati della playstation e diamo vita a dei match molto sentiti!”.
Anche perché immagino non ci siano grosse alternative a Melfi…
“Melfi è una città fin troppo tranquilla, c’è veramente poco e quindi è raro che usciamo alla sera. Preferiamo rimanere in casa con la play, a volte invitando altri compagni di squadra”.
L’Empoli lo segui?
“Certo che lo seguo! Quando posso guardo le partite in televisione. E soprattutto quando non mi addormento! Il sabato ci alleniamo al mattino e al pomeriggio, visto che come tocco un letto o un divano mi addormento, capita che non riesca a seguire per intero la partita. In quel caso rimedio guardandomi i gol”.
Come funziona il ritiro in Seconda Divisione?
“Quando giochiamo in casa, il sabato sera mangiamo tutti insieme al ristorante ma poi ognuno dorme a casa sua e ci ritroviamo la domenica mattina alle 10 per poi pranzare di nuovo tutti insieme prima di andare allo stadio. Quando giochiamo in trasferta, invece, dopo l’allenamento mattutino del sabato, nel pomeriggio partiamo per raggiungere la località dove giochiamo”.
Siamo arrivati alla conclusione di questa chiaccherata.
Adesso ti concedo solo 5 secondi per rispondere a questa ultima domanda… Qual è il tuo sogno?
“Giocare in Serie A con la maglia dell’Empoli…”
Quattro secondi scarsi cronometrati.
Ha le idee chiare Giuseppe… Sta seguendo le orme di Vinci.
E vuol continuare a seguirle…
Intervista di Alessandro Marinai