Il grande ex azzurro, Ighli Vannucchi, ha annunciato l’addio al calcio giocato. Pur avendo chiuso la sua carriera da professionista nel 2014 nell’allora Lega Pro con il Viareggio, aveva continuato a giocare con i dilettanti sino alla scorsa primavera, nella Terza Categoria lucchese. Ecco le sue parole rilasciate nell’intervista rilasciata nell’edizione odierna de “La Nazione”.

Vannucchi, riavvolgiamo il nastro: ricorda il suo arrivo all’Empoli?

“Come dimenticarlo? La società cercava un sostituto di Mark Bresciano e mi contattò Pino Vitale. “Vengo volentieri a Empoli, ma voglio giocare nel mio ruolo“, gli dissi. E non me ne sono pentito: anni bellissimi, con la qualificazione in Coppa Uefa nel 2007 come ciliegina sulla torta. Empoli, una città a misura d’uomo simile per certi versi alla Prato nella quale sono nato e cresciuto, mi restituì la motivazione per giocare”.

In che modo?

“Nel 1999 fui ad un passo dalla Lazio che allora era una delle squadre più forti d’Europa. Sembrava tutto fatto, poi però l’affare saltò. L’anno dopo vinsi l’Europeo U21 con la Nazionale, ma avrei potuto far parte della rosa biancoceleste che proprio nel 2000 si laureò campione d’Italia. Quando ti trovi in certe situazioni la carica motivazionale rischia di venire meno. E io la ritrovai proprio a Empoli”.

Nel 2006/07, fu fra i protagonisti dello storico settimo posto dell’Empoli in Serie A: che ricordi ha di quella stagione?

“Tanti. Ricordo il legame fortissimo con mister Gigi Cagni e con il gruppo. Fu forse la mia miglior stagione a livello di rendimento, tant’è che Pratali, scherzando, mi diceva che ero da Pallone d’oro”.

L’anno dopo però, l’Empoli retrocesse in B nonostante un organico che poteva contare su un giovane Claudio Marchisio. Come mai?

“Con il senno di poi, penso siano stati commessi alcuni errori. Arrivarono giocatori forti, ma che non potevano avere quel senso di appartenenza di chi era cresciuto nella società. Poi secondo me il mister sottovalutò la Coppa Uefa: è chiaro che non avremmo potuto vincerla e che il nostro obiettivo restava la salvezza in campionato, ma far bene in Europa ci avrebbe dato ulteriore spinta. Invece andammo fuori subito: per me fu un’occasione persa, che ci condizionò”.

Le piace l’Empoli di D’Aversa?

“Per quel poco che ho avuto modo di vedere, mi sembra che l’allenatore sia riuscito a costruire una squadra unita. Spero possa arrivare in Europa, anche se non sarà facile”.

Un bilancio della sua carriera?

“Mi sento fortunato, ho potuto giocare per passione. I soldi sono importanti, ma non ho mai scelto solo in base all’ingaggio. Fatico a capire certi atteggiamenti dei calciatori di oggi, ma è un pensiero personale. Ho perso qualche treno, probabilmente. Ma se vado a Empoli, a Salerno o anche in posti in cui ho giocato meno come Spezia e vedo l’affetto che a distanza di tanti anni continuano a riservarmi i tifosi, vuol dire che forse sono riuscito a lasciare qualcosa di buono. E’ la mia vittoria più bella”.

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10 Commenti

  1. Se Del Piero era Pinturicchio, lui era il ns Pontormo.
    Quell’Empoli che arrivò in coppa Uefa era una macchina perfetta e lui era il maestro d’orchestra che dettava i tempi con i suoi colpi geniali.
    Questo Empoli mi ricorda molto quello, come autorevolezza e solidità, certo che è ancora presto…..

  2. Parole bellissime x noi, oneste su Zurigo.
    E bellissimo è anche l’insegnamento: il calcio è sport, non si può e non si deve giocare solo per soldi.
    Grazie di tutto Ighli.

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