Il calcio, arrivato in Italia sul finire del XIX° secolo, si diffuse rapidamente in ogni parte della penisola e presto diventò lo sport più popolare, richiamando sempre più spettatori. La FIGC (costituita a Torino nel 1898 con nome di FIF=Federazione Italiana Football poi cambiato in FIGC nel 1909) ebbe il suo daffare nell’organizzazione di questo nuovo sport. Dopo l’interruzione per lo scoppio della Prima Guerra Mondiale ripresero i Campionati e la FIGC conobbe momenti difficili, culminati con una grave crisi nella primavera del 1926 che richiese l’intervento del CONI. Il suo Presidente, Lando Ferretti, nominò così una commissione di esperti con il compito di redigere un documento concernente la nuova organizzazione del calcio italiano.
Furono scelti il bolognese Paolo Graziani, l’abruzzese Italo Foschi e l’avvocato Giovanni Mauro (presidente dell’AIA).
La Commissione si riunì a Viareggio e concluse i lavori il 2 agosto 1926, giorno in cui fu pubblicato il documento che prese il nome di ”Carta di Viareggio” che fu approvata d’urgenza dal CONI e resa operativa il giorno stesso.
La Carta è un documento fondamentale nella storia del calcio in Italia perché riorganizzava profondamente l’ordinamento calcistico sia dal punto di vista dello statuto dei calciatori sia dal punto di vista dell’organizzazione della FIGC e dei Campionati. Oltre ad alcune norme in vigore anche oggi definì la struttura dei vari Campionati che saranno modificati negli anni ma cui organizzazione rimarrà un punto di riferimento nel tempo.
La più importante norma attuata con la Carta fu sicuramente il passaggio del calcio italiano verso il professionismo che in Inghilterra era stato introdotto già 1885. In realtà il professionismo in Italia c’era ma non veniva ufficialmente riconosciuto. La Carta divise i calciatori in due categorie, dilettanti e non-dilettanti. Anche se era chiaro che la definizione non-dilettanti era sostanzialmente ambigua di fatto ufficializzava il riconoscimento di numerosi precedenti di calciomercato avvenuti clandestinamente nei campionati e dei relativi stipendi pagati ai giocatori più talentuosi mascherandoli dietro rimborsi-spese o salari fittizi nelle aziende facenti capo alle stesse proprietà delle società di calcio.
La Carta metteva mano anche alle liste di trasferimento. Dal 1922 il trasferimento dei calciatori da una squadra ad un’altra era possibile solo all’interno della stessa Provincia. Anche se approvata e pubblicata il 2 agosto la Carta sancì che dal luglio 1926 ogni vincolo territoriale veniva a cadere il che permetteva il trasferimento non solo da Provincia a Provincia ma anche da Regione a Regione. In pratica fu l’inizio del calciomercato. Tra le operazioni di mercato più importanti si ricorda quella della stagione 1926-27 quando l’Inter acquistò dalla Lazio il bomber Fulvio Bernardini (che sarà anche allenatore della Nazionale tra il 1974 ed il 1977) per la incredibile somma (allora) di 150.000 lire. Corrisponderebbero oggi a circa 137.000 euro………non c’è decisamente paragone con il calciomercato di oggi!!!
Fu approvata la regola vietava agli stranieri la partecipazione al campionato italiano Come norma transitoria fu permesso per la stagione entrante di mantenere in rosa due giocatori esteri per ogni squadra a patto di farne scendere in campo uno solo, mentre dal 1928 non sarebbe stato più ammissibile nessun tesseramento di calciatori stranieri nel torneo nazionale. In quel periodo c’erano più di ottanta giocatori esteri in Italia, la maggior parte dei quali ungheresi e austriaci, cioè appartenenti a quella Scuola Danubiana assai in voga a quei tempi. Le Società più importanti si ingegnarono nel tentativo di aggirare questa regola: fu allora che nacquero gli ”oriundi”.
La FIGC venne riorganizzata dalla Carta in maniera verticistica col Presidente non più eletto ma nominato. I Comitati Regionali e Leghe vennero disciolti e sostituiti da nuovi enti subordinati gerarchicamente alla Presidenza Federale e da essa designati. Anche le singole società non furono risparmiate dalla ventata autoritaria: dal 1927 ogni nomina dirigenziale in qualsiasi sodalizio affiliato al CONI dovette ricevere il beneplacito degli Enti Sportivi Provinciali Fascisti (E.S.P.F., dal 1930 CONI Provinciale), emanazioni del Partito Nazionale Fascista, estromettendo così dal mondo dello sport numerosi dirigenti invisi al regime.
La Carta detto l’avvio all’introduzione di un girone unico nel massimo campionato italiano. Venne quindi disposta la creazione di una Divisione Nazionale unica per tutta Italia, per l’assegnazione dello scudetto, formata da due raggruppamenti per un totale di 20 squadre: 17 sarebbero state del Nord e 3 del Sud e Isole.
Il secondo gradino nella nuova piramide fu chiamato Prima Divisione. Furono istituiti un Gruppo Nord da trenta squadre, ulteriormente frazionato in tre gironi equivalenti, e un Gruppo Sud da dieci
Al di sotto il terzo gradino consistette nella Seconda Divisione, con un Gruppo Nord strutturato in maniera identica a quello della Prima Divisione, e un Gruppo Sud che raccoglieva invece quella trentina di società appartenenti alla disciolta Lega Sud che non erano riuscite a trovar spazio nelle serie superiori.
Scendendo ulteriormente, i Direttori Regionali avrebbero organizzato, a seconda del numero delle società ad essi affiliate, una Terza Divisione mentre la Quarta Divisione veniva definitivamente abolita attraverso l’ammissione d’ufficio di tutte le società aventi almeno 2 anni di anzianità in seno alla FIGC.
Iniziarono in quel periodo anche le fusioni societarie, specie nelle realtà dove c’erano molte piccole Società che, come tali, non potevano competere con le grandi Società del Nord. Di queste fusioni ne sono esempi la Fiorentina, nata nell’agosto del 1926 dalla fusione del Club Sportivo Firenze con la Palestra Ginnastica Fiorentina Libertas ed il Bari FC fondato nel 1928 dalla fusione tra la Liberty e l’Ideale.