Una vita da mediano
A recuperar palloni
Nato senza I piedi buoni
Lavorare sui polmoni
Una vita da mediano
Con dei compiti precisi
A coprire certe zone
A giocare generosi
Lì
Sempre lì
Lì nel mezzo
Finché ce n’hai stai lì
(Una vita da mediano, Luciano Ligabue)
In effetti è proprio così. Come dice Ligabue nella sua celeberrima canzone il ruolo del mediano è grinta, sacrificio, lotta. Essere mediano significa correre e prodigarsi per i compagni. Ogni squadra, in fondo, ha bisogno di un giocatore che faccia il cosiddetto lavoro sporco. Il mediano sembra un comprimario, perché il più delle volte rimane nascosto, dietro le quinte, mentre lo spettacolo va in scena.
Oggi vi parliamo di due ex azzurri che hanno interpretato al meglio questo ruolo: Luca della Scala e Fabrizio Ficini.
LUCA DELLA SCALA – Ha appena 19 anni quando arriva a Empoli. Silvano Bini ne ha intuito le potenzialità e lo ha acquistato dalla Fiorentina. Quell’Empoli, allenato da Gianpiero Vitali, sarà destinato a un grande campionato, che sfocerà nella promozione in Serie B. Luca diventerà ben presto un calciatore importante nello scacchiere tattico empolese.
Nelle prime gare gioca solo qualche minuto. Il debutto ufficiale avviene il 26 settembre 1982, contro l’Ancona, quando subentra a Piccioni. Poi si rivede in campo col Taranto, ma anche in questa occasione è solo uno scampolo di partita. Nel girone di andata mette a referto tante presenze, ma tutte da subentrante. Per l’esordio da titolare Della Scala deve attendere il 20 febbraio 1983: complice l’infortunio di D’Arrigo, viene impiegato come stopper. Da quel momento non lascia più la titolarità e diventa una sorta di amuleto per Vitali: nelle restanti 14 partite l’Empoli non perde mai e ottiene, nell’ultima gara contro la Paganese, la promozione in Serie B.
L’anno successivo, con Guerini in panchina, Della Scala è titolare inamovibile. Viene impiegato, prevalentemente come mediano, in tutte le trentotto partite del campionato, e per l’Empoli arriva una meritata salvezza. Non segna mai, ma il suo apporto alla causa è fondamentale. Della Scala si sacrifica per i compagni, a colpire maggiormente è la sua umiltà e il suo spirito di adattamento (nella stagione 1984/85, in alcune occasioni, gioca addirittura terzino). Il suo è un processo di crescita costante.
Cambiano gli allenatori ma non cambia la fiducia nei confronti di Della Scala. Anche nella mitica stagione 1985/86, che porterà l’Empoli di Salvemini in Serie A, il mediano azzurro è uno dei più continui quanto a rendimento. E quando arriva il momento dell’esordio in massima serie, Della Scala non si scompone. Si trova davanti fior fiori di campioni ma le sue prestazioni sono sempre di livello. È anche grazie al suo lavoro tattico che quell’Empoli riesce nel miracolo-salvezza.
Gli manca solo il gol: nelle prime quattro stagioni in maglia azzurra Della Scala non segna mai. Ma è questione di poco tempo. Il 13 dicembre 1987, contro il Torino, si toglie la soddisfazione della sua prima marcatura tra i professionisti (sarà anche l’unico). È un gran bel gesto tecnico, un mix di precisione e potenza, che permette all’Empoli di espugnare il campo granata.
Purtroppo gli ultimi due anni in azzurro coincidono con due retrocessioni dolorose. L’ultima partita di Della Scala con la maglia dell’Empoli è quel maledetto spareggio contro il Brescia che sentenzia la caduta negli Inferi della Serie C. Luca viene ceduto al Catania, poi torna a svernare nella sua Toscana: Massese e Cerretese sono le ultime tappe della sua carriera da calciatore.
FABRIZIO FICINI – Fabrizio è un empolese DOC. Ha svolto tutta la trafila nel settore giovanile azzurro ed esordisce in prima squadra a soli 17 anni. Sembra che possa bruciare le tappe, ma nelle prime stagioni non va oltre il ruolo di comprimario. Nella stagione 1994/95, quella della staffetta in panchina tra D’Arrigo e Nicoletti, viene impiegato maggiormente, ma per lui la vera svolta coincide con l’arrivo di Luciano Spalletti. Assieme al compagno di reparto Pane compone un asse di assoluta qualità per la categoria. Ficini è il classico giocatore poco appariscente, che fa legna in mezzo al campo e si mette al servizio della squadra. Non ha grandissimi mezzi tecnici, ma non gli difetta mai l’impegno e la tenacia. Un giocatore operaio, il simbolo di quell’Empoli “pane e salame” che bada più al sodo che all’apparenza.
Molto probabilmente è l’esperienza di Bari – durata un solo anno ma tutto sommato positiva, nonostante la retrocessione – a rendere Fabrizio maggiormente consapevole dei propri mezzi. Il giocatore che torna a Empoli è rinfrancato e anche più maturo. Spalletti sa che può fare affidamento su di lui e gli affida le chiavi del centrocampo nel campionato di Serie B, con ottimi risultati. Anche l’anno successivo, in Serie A, con il numero 27 sulle spalle, è uno dei calciatori più impiegati della rosa. Non segna, difficilmente prova il tiro da fuori, ma non si fa intimorire dagli avversari che deve fronteggiare di giornata in giornata.
Nel 1999 si conclude la sua avventura in azzurro e passa alla Fiorentina. In viola non trova spazio e a gennaio viene ceduto alla Sampdoria. Seguono anni interlocutori, al di sotto delle attese, in cui sembra che la sua parabola sia discendente. Ma nel 2001 torna nella sua Empoli. Agli ordini di Silvio Baldini Ficini non è un titolare inamovibile, vista la contemporanea presenza di Giampieretti e Grella, ma si fa sempre trovare pronto quando il mister lo impiega.
Cambiano le gerarchie, cambiano i mister sulla panchina azzurra, ma Ficini continua a essere molto apprezzato. Incarna perfettamente l’empolesità e diviene il capitano di quella squadra che si toglie tante soddisfazioni. È presente quando l’Empoli torna in A con Somma, dopo appena un anno di purgatorio in Serie B. E con Cagni, pur giocando meno, prende parte alla favolosa annata che si conclude con la qualificazione UEFA.
Purtroppo per lui quella sarà l’ultima apparizione con la squadra della sua città: il dg Vitale decide di non rinnovargli in contratto, lui se ne va con il rammarico di non poter esordire in Europa. Sarebbe stato un traguardo meritato, visto l’attaccamento ai colori azzurri, ma per “Ficio” le porte dell’Empoli si chiudono definitivamente. Conclude la carriera con le maglie di Pistoiese e Montemurlo.
Giusto ricordare due giocatori simbolo della ns storia e del vecchio spirito Empoli.
Ficini con i Molla unici Empolesi arrivati ai massimi livelli.
Altro piacevole ricordo anche per M. Calonaci.
È un piacere leggere “Un secolo d’Azzurro” !
Di Della Scala si sa che ha intrapreso un’attività lavorativa extra calcio finita la carriera, ma di Ficini lavorativamente parlando si sono perse le tracce. Cosa fa nella vita adesso?
Bellissimo articolo. Vorrei per far notare che qualche tiro da fuori io Ficio lo faceva….e che credo che ancora vadano ritrovati due palloni nell’ orme…. si fa per ridere naturalmente. Il ficio era un po’ il nostro Gattuso è per questo credo che tutti gli empolesi gli vorranno sempre un gran bene
Della Scala per me è l’Empoli, la squadra della prima storica promozione in A la squadra operaia composta da giocatori che in campo sputavano sangue per l’impegno ricordi indelebili.
Un tiro da fuori di Ficini venne colpito fortuitamente da un giovane attaccante che cosi’ segno’ il suo primo gol della carriera…l’attaccante era Luca Toni !
Tutti i miei amici avevano come idoli Johnny Ekstroem….Della Monica…. Drago…..Il mio era Luca Della Scala!!!!! Non è stato detto nell’artt, che marco’ due volte a fila Maradona e per due volte Maradona non fece gol al Castellani.
Errore enorme non aver fatto fare l’Europa a Fabrizio Ficini, sportivamente un delitto per un empolese doc! Credo che avrebbe accettato un ruolo marginale e uno stipendio “normale”, una pugnalata alle spalle…
Della Scala ricordi di un tempo che fu, mitico!
Se potete intervistateli entrambi, con aneddoti e curiosità, cercando le emozioni prima e dopo match importanti, gli sportivi apprezzerebbero!
Tipo intervista doppia, loro due, poi Tavano Esposito, poi Gelain Guarino e via dicendo…