Lunga lettera, quella che il presidente della Lega B Mauro Balata ha quest’oggi indirizzato al Corriere dello Sport. Riportiamo da tmw.com di seguito i passaggi più salienti
“Molto di quello che il calcio ha sempre rappresentato per il nostro Paese, vale a dire un modo di vivere il prossimo, la comunità e con esso anche il proprio territorio, si trova improvvisamente sacrificato. E questo non lo trovo giusto. I valori di coinvolgimento e di socializzazione è necessario rimangano in primo piano anche nella corsa, pur necessaria e improcrastinabile, verso la ripartenza delle competizioni. Altrimenti rischiamo seriamente di non essere capiti dai nostri interlocutori, cioè i tifosi. […] In tal senso la Serie B rappresenta oggi questi valori, qualcosa che va ben al di là del mero conto economico: il Campionato degli italiani, dei territori, dei giovani, delle speranze, delle ambizioni, della tradizione e della storia del nostro Paese. Tutto ciò ha un significato importante che va “oltre” ma che rischia di passare in secondo piano e di venire mortificato da politiche miopi e di corto respiro; ignorare questi principi, infatti, significherebbe incamminarsi verso un lento e inesorabile declino.
[…] Riscontriamo la nostra solitudine, invece, rispetto alle mancate politiche che in tutti questi anni, non solo nelle ultime stagioni, hanno messo in secondo piano quella dimensione sociale ed economica di prossimità, votata al territorio, che rappresentiamo. Una dinamica di sistema che ha trascurato pratiche virtuose che sono base e fondamento del calcio e ne determinano crescita, popolarità e vicinanza. Politiche che hanno abbandonato la Serie B, talvolta costringendola a intraprendere un percorso quasi autonomo nel ruolo di formazione e identità a cui una serie di secondo livello inevitabilmente si rivolge.
La Lega B, nonostante questo, non si è sottratta nel recente passato a quel processo di ristrutturazione che chiedeva la categoria e le sue associate, generando effetti positivi in termini di sostenibilità, e trasparenza, fattori indispensabili per la credibilità di questo sport. I numeri parlano chiaro, la distribuzione di risorse ai club è cresciuta di oltre il 30%, grazie a una politica di razionalizzazione dei costi ma soprattutto di raggiungimento di nuovi ricavi. Questo ha permesso, pur nelle difficoltà economiche, l’iscrizione al campionato di tutti i club, certificata da fideiussioni che sono blindate, rilasciate da istituti di primaria importanza, l’assenza di penalizzazioni nelle classifiche, distorsione che ha contraddistinto i campionati da un decennio a questa parte, e bilanci più sostenibili. Ha inoltre rappresentato un volano per l’economia dei territori se è vero, come testimonia lo studio di un importante istituto specializzato, che la Serie B genera un impatto economico diretto, indiretto e di indotto di circa 1,5 miliardi al quale va sommato, inoltre, l’inestimabile valore sociale di carattere qualitativo (crescita e benessere dei giovani, tutela della salute, sicurezza).
Ora, di fronte alla tragedia che sta colpendo il mondo intero e che inevitabilmente porterà a un rallentamento se non addirittura a uno stop dei progetti che perseguono questa crescita, è giunto il momento di pretendere con ancora maggiore forza, rispetto al passato, di essere correttamente valorizzati e tutelati dal sistema calcistico, in modo da poter continuare un percorso preciso e ben identificabile e, modestamente, imprescindibile di fare calcio“.
Si arriva quindi alla conclusione: “Cosa chiediamo? Di continuare a fare il calcio con i giovani e per la gente, di rappresentare un punto di riferimento credibile e trasparente per il tifoso ma anche per le famiglie, di poter fare impresa e generare socialità. Di creare emozioni e coltivare sogni, di tutelare questo sport nella sua più nobile accezione anche e nonostante la complessa situazione che abbiamo di fronte. È il nostro DNA ed è per questo e che vogliamo ripartire“.
Bene, allora datti da fare che fin’ora avete fatto poco per valorizzare il prodotto.
Aspettano qualcuno esperto come te Riccardo.
Non capisco tutto questo problema a ripartire ,se fermano il calcio i giocatori sono meno a rischio! io penso di no e uguale o peggio che fanno non vanno a prendere un caffè, non vanno a fare la spesa non escano ,ma che paura hanno,come se l’età di chi muore e tra i 20 e 35 anni ,o prendono un sacco di soldi ,il rischi non e inferiore a un operaio
MAREMMA IMPESTATA
Il problema è proprio dato dal fatto che i giocatori sono giovani e mediamente poco accorti e prudenti. Il pericolo non è che si ammalino, il rischio è che diventino una massa di asintomatici, sani ma in grado di contagiare altri. Purtroppo da svariati giorni vedo come si comportano i giovani per strada, davanti alla paninoteca di fronte casa mia: mascherina al collo, viso scoperto, ammucchiati come pecore a chiacchierare e ridere, comportandosi come avrebbero fatto tre mesi fa .. Ma questi bimbi in questo periodo dove erano ? Ma soprattutto hanno vagamente capito il problema ?..
Io vedo anche molti anziani comportarsi così, eppure loro sì che dovrebbero avere fifa nonché quell’accortezza che solo gli “anta” sanno garantire (certo, se sono gli stessi che condividono ogni bufala che leggono su fb non c’è molto da stupirsi).
Credo che gli operai abbiano molta più testa e responsabilità dei calciatori, di solito viziati e fuori dalla realtà.
Non facciamo che quando verranno giocate le partite a porte chiuse gruppi di tifosi si ammucchino fuori dallo stadio.
Discorsi vuoti, in sola dialettica politica, difficili da comprendere ai più (come me) e per questo inutili.
In pratica, una sterile predica che però è fine a se stessa perché non può imporre o suggerire particolari condizioni vista la situazione attuale che è di assoluta instabilità e precarietà.
Il calcio proverà a fare ciò che tutti fanno: lentamente ripartire sperando che questo non inneschi nuovi contagi e tornare indietro nella manovra di contenimento.
Che si deve fare?