Al “Moccagatta” di Alessandria, quella domenica pomeriggio, c’era il cuore del tifo empolese. Uno zoccolo duro giunto in Piemonte con un preciso obbiettivo: lottare per la sopravvivenza. Il 12 giugno 1994, un corteo di 700 anime azzurre cammina sull’orlo del precipizio, masticando a pieno il terrore di sprofondare nell’inferno della serie C2. Eppure avanza verso il “Moccagatta” a testa altissima, con enorme dignità e attaccamento ai propri colori, non cessando mai di cantare e sostenere la propria squadra nella sua “ora più buia”. Ad Alessandria si decide il destino dell’Empoli, nel giorno in cui la società tocca il punto calcisticamente più basso da 30 anni a quella parte. L’ultima serie D, prima dell’istituzione della serie C2 sul finire degli anni ’70, risaliva addirittura alla stagione 1962-63. E’ pur vero che la vittoria di misura dell’andata, firmata Claudio Pelosi, dà un leggero vantaggio all’Empoli, ma vallo a dire a uno stadio stipato in ogni ordine di posto dai grigi tifosi dell’Alessandria. Un catino incandescente dove ci si gioca la permanenza in C1. L’obbiettivo di un’intera stagione in 90 minuti.
Facciamo un piccolo passo indietro. L’Empoli si è lasciato alle spalle i fasti delle due stagioni vissute in serie A, ormai sbiadite nella memoria, per barcamenarsi nel purgatorio della C1. Anche la serie cadetta è evaporata cinque anni prima, in un drammatico spareggio di Cesena contro il Brescia. In un lampo, i nostri avversari non si chiamano più Inter, Juventus, Milan, Napoli e Fiorentina, ma portano il nome di Trento, Casale, Derthona, Pro Sesto e Baracca Lugo. Negli anni ’80 si erano spalancate le porte del paradiso calcistico. L’Italia intera parlava dell’Empoli. Nel volgere di un paio d’anni gli azzuri fanno un doppio scivolone e si trovano di nuovo catapultati in una dimensione regionale, laggiù nel cuore della “battaglia”, dove regna il campanilismo più acceso. I derby con Pistoiese, Lucchese, Prato, Arezzo, Siena, Montevarchi, Massese e Carrarese non sono però vissuti come un umiliante declassamento ma rappresentano la piena affermazione della nostra identità, l’occasione per esprimere l’orgogliosa appartenenza ai nostri colori. In fin dei conti, la stessa serie C non è vista come una terribile condanna ma come una sorta di palestra per affinare i muscoli, un purgatorio temporaneo al termine del quale saremmo tornati a spiccare il volo. Un periodo di transizione che però si rivela più tortuoso e faticoso del previsto, lungo sette anni interminabili.
E’ una fase difficile nella quale tutto sommato non mancano le soddisfazioni. L’emergente tecnico Francesco Guidolin ha scelto Empoli per imporre la sua moderna e qualitativa idea di gioco che però non trova il coronamento della serie B. Il compianto Walter Nicoletti si distingue per le sue doti umane e professionali ma non riesce a centrare la promozione nonostante un girone d’andata da record. Beniamino Vignola e Gaetano Musella esprimono i loro ultimi lampi di classe. Marcello Carli mette in mostra le sue doti di temperamento. Esplodono i talenti di Caccia, Di Francesco e Gautieri. La Primavera azzurra di Ettore Donati nel 1992 vince la Coppa Italia e apre uno squarcio luminoso sul futuro dell’Empoli. In quella squadra ci sono Galante e Birindelli, Ficini e Giampieretti, ma c’è soprattutto un ragazzo di 17 anni destinato a diventare la gemma più preziosa del vivaio azzurro: Vincenzo Montella.
Ha lasciato Castello di Cisterna, nell’hinterland napoletano, a 13 anni per essere adottato dall’Empoli. All’epoca non esistono foresterie e centri sportivi. La società azzurra si affida alle famiglie del luogo per far crescere e custodire i talenti scoperti in giro per l’Italia. Il futuro aeroplanino alloggia a Cortenuova nell’abitazione dell’indimenticata Ernestina e l’Empoli aspetta il momento più opportuno per fargli spiccare il volo. Guidolin lo fa debuttare e lui risponde a suon di di gol e prodezze. A 18 anni è già la punta di diamante della squadra allenata da Nicoletti ma il destino non è benevolo nei suoi confronti. Il 18 ottobre 1992 il rude intervento di un difensore dell’Alessandria, tale Devis Tonini, rischia di spezzargli la carriera sul nascere. Montella esce in barella dal “Moccagatta” e, tra le lacrime, conosce la diagnosi spietata: frattura del perone destro e rottura dei legamenti. Comincia un lungo calvario. Una miocardite associata a un’infezione virale mette in dubbio il proseguimento stesso della carriera. Privo del suo uomo migliore, l’Empoli inciampa in una stagione disastrosa.
Il campionato 1993-1994 è una via crucis, simile a quella che Montella sta vivendo tra infermerie e reparti di cardiologia. Salta la panchina di Ettore Donati, il tecnico della Primavera dei miracoli. Il breve intermezzo targato Adriano Lombardi fallisce miseramente e l’Empoli cola a picco. A sei giornate dalla fine, con gli azzurri penultimi in classifica, Fabrizio Corsi opta per una disperata soluzione interna nel tentativo di salvare il salvabile: Luciano Spalletti privo di patentino in panchina, affiancato dal tecnico Giuseppe Palazzese. “La prima volta che entrai nello spogliatoio da mister, i miei ex compagni di squadra si nascondevano dietro gli accappatoi per non ridermi in faccia“, ricorderà Spalletti. Il 35enne ex giocatore certaldese ha speso nell’Empoli di Guidolin e Nicoletti gli ultimi spiccioli di un’onesta carriera vissuta in provincia. Ha appeso gli scarpini al chiodo da qualche mese, assembla e scarica divani insieme al fratello che gestisce un’azienda tra Sovigliana e Vinci. Chiamato precipitosamente in sella, traghetta la squadra fino all’inevitabile playout salvezza con l’Alessandria. Nel frattempo, dopo un anno e mezzo d’inattività, arriva per Montella l’abilitazione a giocare. L’Empoli, nel momento decisivo, estrae il coniglio dal cilindro.
E’ il 5 giugno 1994 e l’Empoli stende 1-0 l’Alessandria al “Castellani” con gol decisivo di Claudio Pelosi, su assist di un rientrante Montella che fa letteralmente impazzire gli avversari in maglia grigia. Passano sette giorni e al “Moccagatta”, Spalletti innalza un fortino davanti alla porta difesa da Fabrizio Calattini. Lo 0-0 resisterà fino alla fine tra il tripudio dei 700 tifosi azzurri giunti in Piemonte. Il cerchio si chiude. L’Empoli raggiunge la salvezza e pone le basi per scrivere un indimenticabile pezzo di storia. Montella si prende la sua rivincita proprio contro quell’Alessandria che aveva rischiato di privare il calcio italiano di uno dei più grandi talenti di fine e inizio millennio. Spalletti comincia a percepire che il suo futuro nel calcio può riservargli qualcosa di sorprendente. E’ l’alba di una nuova era. I tifosi azzurri ricorderanno per sempre quel piccolo grande esodo, meno numeroso rispetto a quelli che seguiranno negli anni successivi, meno condiviso, ma non per questo meno importante.
…aspettavo questo capitolo, perché ritengo che questa sia stata la più grande dimostrazione di attaccamento da parte della gente, verso la propria città e la squadra che, di conseguenza, la rappresenta. Credo quel giorno sia stata la volta dove ho speso la massima quantità di stress possibile, meno male avevo 17 anni quindi il fisico ha tenuto botta in maniera esemplare; la sera però, rientrato a casa, son crollato dalla stanchezza sul tavolo mentre mangiavo.
Soprattutto il tifo era un’altra cosa.
Basta vedere anche solo l’immagine della partita d’andata.
Comunque mi ricordo benissimo la trasferta di Alessandria, tra l’altro un giugno anomalo come clima
Bell’articolo. I 7 anni in C1 rappresentano secondo me la trincea dei tifosi azzurri.
Un’unica cosa: la foto del settore ospiti non credo, per abbigliamento e numero di presenti, sia quella del ritorno dei playout.
Esatto, non è quella dei play out
Quella fotomi pare piu’ della partita di campionato che quella dei playout,
Il 12 giugno 1994, un corteo di 700 anime azzurre io c’ero ma mi pare che andammo in pulman,
e poi la curva con la terrazza era tutta piena..
Andammo in treno..700 cuori trepidanti con l’azzurro nel cuore..tifo d’altri tempi
….eravamo tanti, belli e…….BRILLI😂….e soprattutto, giovani😥
Altra gara epica. Presentissimo (da solo) in un posto sinistro , grigio come le maglie dell’Alessandria e vagamente somigliante ad una tribuna laterale (stracolma) . Mi accordai per finire il mio turno di lavoro a Milano , per poi raggiungere il mitico Moccagatta ; uno stadio che ebbe il privilegio di aver visto nascere Gianni Rivera. Non è facile descrivere certe emozioni. Grazie a Nico Raffi per questo servizio.
Chapeau ! .. Onore e giù il cappello ! Soprattutto per chi era presente al Moccagatta, ma anche un po’ per chi trepidava da casa sentendo la radio. Molto bravo Raffi in questo articolo e belle le foto che lo corredano, in particolare quello di Spalletti capitano degli aquilotti spezzini 😀 .. Questi pezzi di storia sono fantastici !
io c’ero che ricordi …
Grazie a tutti per le vostre parole. Il “corteo” è riferito al percorso che facemmo a piedi (si, c’ero anch’io…) dalla stazione dei treni al Moccagatta. Per quanto riguarda la foto dei nostri tifosi nel settore ospite, tratta dall’archivio dei Boys Parma, avete pienamente ragione. E’ molto probabile che si riferisca alla partita di campionato (disputata un paio di mesi prima del playout), piuttosto che al ritorno dello spareggio salvezza.
Grande Nico,
ecco il corteo fu a piedi, mi ricordo dei pulman parcheggiati subito dietro la loro curva, ma forse erano quelli dei club che già allora andavano col pulman..
..se posso aggiungere due particolari, in quella plumbea giornata, strappammo lo 0-0 che ci salvò, il tifo fu buono ma non esagerato, c’erano i soliti di maratona tra cui io e i miei amici..
..mi ricordo che a fine gara, ci fu’ casino dal lato della loro tribuna coperta, tentarono gli Alessandrini di caricarci, insomma di sfogarsi con noi, ma mi ricordo ne buscarono dalle forze dell’ordine..
infine mi ricordo la cosa migliore, per festeggiare tutti gli ultras andammo a mangiare la pizza alla festa dell’unità al palazzetto delle esposizioni..
Ci sono cose memorabili dell’Empoli, ma direi sopratutto degli Empolesi, sopratutto dei ragazzi, cioè di chi il sabato riempiva il giro d’Empoli come se fosse il Maracanà, di li a breve sarebbe arrivato un pazzo di nome Franchino a dar vita alla discoteca piu’ mostruosa d’italia il jaiss..
..bene detto questo un’abbraccio a tutti!
..ci sono cose memorabili.. intendevo dei memorabili anni 90
i famosi anni bui della serie C..ma memorabili per certi aspetti..
Bellissimo articolo e onore chi quella trasferta la fece. Bravi bravi e bellissimo.
Non so se per sciatteria o guerra psicologica ma anche in curva ospeite trovammo la fanzine del tifo allessandrino (si chiamava tipo orsi grigi ,perdonate l approssimazione) si sosteneva che l empoli era più forte ma visto che era incappata in una stagione disgraziata era giusto che retrocedesse, peccato non averla conservata quella rivista, magari qualcuno , Raffi o altri la ricordano, cmq gara storica che con modena (playoff di B) e vicenza ( playout) hanno segnato le fortune successive empolesi
Ero un ragazzino che si era trasferito l’anno prima a Torino per motivi di lavoro di mio padre.
Ricordo entrambe le partite, ha fatto bene PE a menzionare quella situazione fra i ricordi del Centenario Azzurro.
Stagione disastrosa, l’Empoli concluse la regular season penultimo davanti solo al Palazzolo: senza playoff e playout (iniziati proprio la stagione 1993/94) saremmo retrocessi direttamente in C2.
Quella doppia finale coi Grigi (tifoseria odiata al pari di Vicenza, Spezia, Siena, ecc.) sancì la Riscossa Azzurra e di lì a poco l’inizio di un’Epopea Azzurra ormai lunga 25 anni 🧢
Nessuno lo avrebbe potuto immaginare nel Giugno 1994 😯
Lasciato disperatamente a casa da una cresima o comunione di qualche parente, finii piangente di gioia abbracciato a mio padre davanti la radiolina della macchina.
Avevo fatto già qualche trasferta e ne avrei fatte tantissime in seguito. Ma quella non potevo proprio.
Però il bel ricordo di stare abbracciato a mi pà con le lacrime di gioia rende bellissima il ricordo.
Orgoglioso di essere empolese!
Ricordo che ascoltai la partita con mio padre sul divano di salotto. Avevo 15 anni e per la prima volta nella vita provai la sensazione dello stress che ti lascia spossato come dopo una maratona!
In questo video al minuto 5:10 il gol di Pelosi dell’andata.
https://www.youtube.com/watch?v=x5U6pgSAPxA
Grande Pelosi. IL castellani con quei pali sgangherati non si può vedere. Mamma mía che sofferenza avevo 13 anni