di Nico Raffi
Fu vera fuga? Nel caso del Torino la sentenza non spetta ai posteri ma, più sbrigativamente, sarà chiarita nello spazio di poco meno di due mesi. Dieci turni per l’esattezza. Quelli che separano i tifosi granata da un verdetto che attendono da tre anni. Sabato scorso, le inaspettate sconfitte di Verona e Pescara hanno lanciato i piemontesi verso una leadership solitaria distante quattro lunghezze dalle prime inseguitrici. Un bottino assai prezioso quando, con aprile alle porte, il campionato entra nella fase più calda e decisiva. I ragazzi di Ventura sono stati capaci di scacciare rapidamente i fantasmi della pesante sconfitta casalinga con il Verona e del mezzo passo falso con la Juve Stabia attraverso un sonoro 6-0 al Gubbio, risultato che ha restituito certezze a Bianchi e soci e rimosso, in maniera forse definitiva, i dubbi prodotti dall’inopinata debacle di poche settimane fa, quando il Verona di Mandorlini scendeva nell’arena dell’Olimpico per “matare” il Toro a domicilio.
Adesso la società di Urbano Cairo si trova davvero a un passo dalla serie A e, ciò che più conta, è consapevole, dopo errori gestionali di varia natura, di aver finalmente realizzato un progetto tecnico serio, ponderato e persino esportabile nella massima categoria. Il tecnico Ventura, artefice principale dell’ottima stagione granata e prossimo al rinnovo del contratto, ha di recente affermato che la sua squadra possiede idee e personalità per stupire anche in A. Dopo numerose delusioni, i tifosi del Toro possono infatti assistere alla realizzazione di un solido piano di rilancio tecnico e finanziario, fondato sull’esperienza dell’allenatore genovese e sulla competenza del diesse Petrachi.
Il gruppo si è arricchito di giovani interessanti e di prospettiva come l’esterno destro Stevanovic, classe ’91 destinato ad una luminosa carriera, l’ex azzurro Pasquato che, dopo vari guai fisici, è riuscito a esordire nell’ultimo turno trovando subito il primo gol in maglia granata, e i laterali Darmian e D’Ambrosio.
I propositi di rinforzare la rosa in un prossimo futuro ruotano attorno alla necessaria conferma del difensore centrale di origine nigeriana Ogbonna, già capace di entrare nel giro della nazionale pur disputando il torneo cadetto e appetito da tutte le big italiane, e del capitano Rolando Bianchi, finalizzatore principe della compagine sabauda che, quest’anno ha segnato meno che in passato (solo 8 reti al suo attivo) ma che si è messo, con umiltà, a disposizione della squadra e di un reparto offensivo sontuoso completato da elementi del calibro di Antenucci, Meggiorini e Sgrigna. Il fatto che nessuno di questi attaccanti dal grande potenziale realizzativo sia ancora andato in doppia cifra (il marcatore principe è Antenucci, giunto a quota 9 gol), rappresenta un ulteriore segnale che, in questa stagione, i dirigenti granata hanno attribuito maggiore imprtanza al collettivo piuttosto che alle prestazioni del singolo. Una scelta che ha fin qui pesato in maniera decisiva.
A centrocampo, ottimo è stato il rendimento dell’ex livornese Iori, regista dallo spiccato senso tattico tattico e di Vives e Basha, più votati all’interdizione ma in possesso di un bagaglio tecnico non trascurabile. Il pacchetto difensivo del Torino, potrà invece, già ad Empoli, giovarsi del rientro dell’esperto Di Cesare, pedina in grado di trasmettere ulteriore sicurezza a un reparto che, con l’innesto dell’ex portiere del Palermo Benussi, è ad oggi il migliore della serie B con appena 22 reti subite.
In vista del rush finale, il Torino sembra dunque davvero ad un passo dall’ambito traguardo, forte ormai di una mentalità concreta ed operaia, abilmente trasmessa dal proprio tecnico, e lontana da certi fronzoli del passato che troppe volte hanno impedito una più veloce risalita verso scenari più consoni al proprio blasone.
Il buon Nico ci fa conoscere più attentamente il Toro.
“conoscere il nemico è necessario e importante”.
Metto in risalto due questioni,riportando dall’articolo:
“…Il fatto che nessuno di questi attaccanti dal grande potenziale realizzativo sia ancora andato in doppia cifra (il marcatore principe è Antenucci, giunto a quota 9 gol), rappresenta un ulteriore segnale che, in questa stagione, i dirigenti granata hanno attribuito maggiore imprtanza al collettivo piuttosto che alle prestazioni del singolo. Una scelta che ha fin qui pesato in maniera decisiva.”
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Ed ancora sempre dall’articolo:
“…il Torino sembra dunque davvero ad un passo dall’ambito traguardo, forte ormai di una mentalità concreta ed operaia, abilmente trasmessa dal proprio tecnico, e lontana da certi fronzoli del passato…”.
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Aggiungo io che il Toro gioca con un modulo 4-2-4 interpretato esclusivamente in verticale.
La difesa altissima pressa per recuperare i palloni in favore dei due mediani che subito smistano il gioco sulle fasce da li poi cercano o di entrare in area (con l’uo contro uno) oppure le verticalizzazioni (o traversoni) verso il centro per i due attaccanti centrali.
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Questo sarà quello che presumibilmente vedremo al Castellani.
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Direi che è bene oporsi con tutto quello che abbiamo.
Captain ovvio
Capatan ovvio a Captan disattento:
il 4-3-1-2 è un modulo piuttosto offensivo
non mi sembra che possa opporre molta resistenza….