Si gira la boa. Il girone di andata è terminato ed adesso si guarda a quello di ritorno, 21 gare che segneranno il destino di tutte le squadre, Empoli compreso.
Ed al destino che attende gli azzurri noi vogliamo e dobbiamo guardare, provando a fare il punto della situazione dopo la prima metà di questo campionato, chiusa a 22 punti in una posizione che garantirebbe la salvezza senza passare dagli spareggi ma che di certo soddisfarci non può.
Non ci può soddisfare anche perché, nonostante siano stati ammessi degli errori ed il tiro sia decisamente cambiato in corsa, non possiamo fare finta di non aver sentito i proclami sbandierati in estate, le ambizioni di playoff (e quindi per forza di cose di promozione), la campagna acquisti che aveva riportato a casa elementi del calibro di Tavano e Buscè sposando proprio l’ambizioso progetto ed il grande entusiasmo che si era comunque rigenerato in un ambiente che aveva da tempo assopito desideri e sogni di gloria.
La storia poi è stata diversa, condita addirittura da due esoneri e tre diversi tecnici alla guida della squadra, cosa davvero rara nell’universo azzurro. Un inizio imbarazzante, un intermezzo che non ha portato niente in più ed una coda dove si è visto che qualcosa di vivo ancora c’è ma che la strada per uscire dal tunnel è tutt’altro che semplice e scontata.
Un Empoli che ha mancato, più che nei risultati (fondamentali), nel gioco di squadra, nella rabbia di voler vincere, nella coesione del collettivo, ed è inutile nasconderci dietro ad un dito perché c’è preoccupazione, preoccupazione per una caduta libera alla quale questa squadra, questo gruppo, non sappia reagire.
In tanti, tutti, ci siamo soffermati a provare a capire i perché di questa situazione, e le risposte non ci sono, ci vorrebbe forse la sfera di cristallo e nemmeno basterebbe, però quello visto in campo in questi mesi una parziale risposta ce la da, perché la squadra corre poco e male, tolto Tavano fa una gran fatica a segnare e perde troppo, qualche pareggio in più avrebbe fatto comodo, ora e per il futuro.
Il passato però e passato ed adesso c’è solo da guardare avanti, guardare e fare i fatti, perché non è certo con i buoni propositi del nuovo anno che usciremo da questa situazione. Usciremo con i punti, ne serviranno almeno 29, 7 in più di quelli del girone di andata perché, nonostante ad oggi saremmo salvi, e praticamente impossibile pensare di mantenere la categoria con 44 punti all’attivo.
Per fare i punti però serve il gioco, serve un anima, serve una condizione fisica più che accettabile (è ancora sotto gli occhi il distacco atletico che avevamo dal Cittadella, il Cittadella!).
Con queste componenti e la rosa di cui noi per primi siamo orgogliosi di poter annoverare ci sarebbero abbondantemente le ragioni per essere ottimisti e sperare ancora in una salvezza tranquilla senza batticuori di cui tutti faremmo ben volentieri a meno.
Attenzione, qui tutti remiamo dalla stessa parte, se retrocediamo, lo facciamo tutti: giocatori, staff, dirigenza, pubblico e stampa.
E questo non è quello che vogliamo, tutt’altro.
Però è finito il tempo della pazienza, è finito il tempo dei buoni propositi e dell’esser buoni per partito preso, è finito il tempo degli incantatori di serpenti.
Servono fatti e servono da subito, velocemente e costantemente ed a tutti i livelli. Serve lo spirito che spesso negli anni ha contraddistinto l’Empoli, serve la voglia di arrivare, di volerlo a tutti i costi, di crederci ciecamente e di mettere quel pizzico di voglia in più dell’avversario, sempre, in ogni gara, come se fosse l’ultima.
Se le cose cambiassero in maniera netta, radicale ed immediata saremmo tutti ben lieti di goderle e commentarle, e ci prenderemo volentieri anche qualche “rimprovero” dagli attori protagonista per questi rimproveri che adesso noi facciamo a loro, a fin di bene, con il cuore, con l’amore, con l’orgoglio che ancora abbiamo per questi colori.
Al. Coc.
O!! deunasega non ci vuole la sfera magica ma basta un centrocampista che velocizzi il gioco e un attaccante che tiri in porta con decisione con forza e all’occorrenza anche di prima cioè senza Moro e Coralli.