di Nico Raffi
“Sono stato fuori un mese per prendermi una boccata d’aria”. Con queste parole Stefano Colantuono ha commentato il suo ritorno a tempo di record alla guida del Torino, dopo appena 42 giorni di “esilio” forzato. Parole che definiscono al meglio il pesante clima che regna in casa granata fin dall’inizio di questa tormentata stagione.
La squadra, costruita per giganteggiare nella cadetteria e per centrare l’immediata risalita in A, nonostante un organico sontuoso, stenta tremendamente a trovare una fisionomia di gioco ed un rendimento continuo e si ritrova addirittura fuori dalla zona playoff. Poi, tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010, succede un po’ di tutto.
In ordine cronologico le tappe dello psicodramma granata: esonero di Colantuono, redini della squadra consegnate a Mario Beretta, ulteriore declino nel rendimento, passaggio di consegne tra il diesse dimissionario Rino Foschi e Gianluca Petrachi, l’ira dei tifosi ai danni del presidente Urbano Cairo fa sospendere una conferenza stampa, importanti elementi della squadra come Di Michele, Diana e Pisano vengono emarginati e finiscono fuori rosa, voci di calcio scommesse in merito alla partita Torino-Crotone, aggressione ai danni di alcuni giocatori all’uscita di un ristorante, esonero-lampo di Beretta, via libera per il Colantuono-bis, sciopero del tifo nell’ultima gara casalinga con il Grosseto. E’ passato poco più di un mese ma sembra un’eternità. Il popolo del Toro, da sempre abituato nella sua lunga e gloriosa storia a convivere con emozioni forti ed a seguire i propri colori con grande trasporto e passionalità, si ritrova impotente di fronte alla crisi d’identità della propria squadra e alcuni ultras trascendono nella contestazione alla società. Inutile negare che i quattro anni di presidenza Cairo hanno fin qui partorito poche soddisfazioni e molte amarezze.
Le ambizioni dell’imprenditore piemontese si sono scontrate con l’incapacità di costruire un progetto serio e duraturo, reso ancor più problematico dalla numerosa sarabanda di manager ed allenatori che si sono alternati nella conduzione della squadra nelle ultime stagioni. Nella sua gestione, Cairo ha cambiato 9 allenatori in poco più di quattro anni passando da De Biasi a Zaccheroni, da Novellino a Camolese, da Colantuono a Beretta, non disdegnando dietrofront ed improvvisi ribaltoni nella medesima stagione (quest’anno il curioso destino è toccato a Colantuono). Anche sul piano tattico non sono state trasmesse le necessarie certezze ai giocatori, che pure hanno le loro precise responsabilità. Si è passati dal rombo di inizio stagione, presto cestinato da Beretta per adottare una discutibile difesa a tre, per poi tornare al 4-4-2 interpretato in chiave molto offensiva nell’ultima convincente esibizione con il Grosseto. Proprio la recente vittoria all’Olimpico per 4-1 con i maremmani, potrebbe restituire alcune certezze al rientrante tecnico romano, convinto nell’utilizzazione di Gasbarroni e Leon come esterni molto alti quasi sulla stessa linea del neoacquisto Inacio Pià e di Rolando Bianchi, autore di 13 reti in campionato, il quale sembra aver ritrovato lo smalto smarrito durante la fugace parentesi Beretta.
La trasferta di Empoli, nella quale Colantuono non potrà disporre degli squalificati Loria e Rubin e dell’infortunato Pratali, rappresenta un importante crocevia nella stagione del Torino e potrà fornire risposte più precise riguardo allo stato di salute della compagine granata. Si tratta di una squadra in via di guarigione o di una squadra ancora convalescente che ha, solo momentaneamente, mascherato certi problemi cronici? Nel frattempo continua a tenere banco il movimentato mercato di riparazione che, dopo gli innesti dell’attaccante Salgado e del centrocampista di sostanza Pestrin, offrirà al cantiere Toro ulteriori tasselli per cambiare marcia nel girone di ritorno. Con le partenze di Paolo Zanetti (all’Atalanta) e di Vantaggiato (al Padova), e in attesa di sistemare la questione legata ai giocatori dissidenti che tuttora vivono da separati in casa, si attendono altri importanti movimenti in entrata che potrebbero ulteriormente alzare il tasso tecnico di una formazione già altamente qualitativa ma che ancora fatica a ritrovare se stessa.
Nico Raffi