Il capitano della prima Serie A
Ci sono capitani e capitani. Lui è un capitano con la C maiuscola, colui che portava la fascia nella prima e storica promozione in Serie A dell’Empoli. Nato a Roma il 13 Aprile 1957 e cresciuto nel settore giovanile della Roma, arrivò ad Empoli dalla Casertana nella stagione 1984/85 quando aveva 27 anni, nel pieno della maturità calcistica. In precedenza aveva vestito anche le maglie di Como, Parma, Campobasso e Pescara. Ad Empoli rimase per tre stagioni collezionando 84 presenze in campionato con 5 reti e 23 presenze in Coppa Italia con 2 reti. Totale: 107 presenze e 7 reti in gare ufficiali con la maglia azzurra. Di Casaroli si ricorda l’eleganza con cui stava in campo, il suo giocare a testa alta.
Casaroli, se le dico Empoli cosa le viene in mente?
“Ehhh… tante cose. Empoli mi ricorda momenti bellissimi della mia carriera di calciatore e anche della mia vita in generale. Anzi, come calciatore credo che sia stata sicuramente tra le mie esperienze più belle in assoluto”.
Qui ha vinto un campionato, è andato in Serie A…
“Fu un’emozione fortissima. Pensi che noi sapemmo della promozione che eravamo già in ritiro per preparare il campionato di Serie B. Ci dissero della sentenza della C.A.F. che tolse la promozione al Vicenza e penalizzò di un punto la Triestina e ci ritrovammo in Serie A. Ricordo che fu una grande festa per noi”.
Già, la sentenza. Stagione 1985/86. L’Empoli disputa il campionato di Serie B che poi fu travolto dallo scandalo del Totonero che coinvolse diverse società. Come detto da Casaroli, il Vicenza, arrivato terzo, venne privato della promozione, la Triestina fu penalizzata di un punto e terminò alle spalle dell’Empoli di una sola lunghezza. Inoltre il Perugia venne spedito direttamente in C2 con cinque punti di penalizzazione da scontare nel campionato seguente. Scandalo che coinvolse anche l’Udinese, la Lazio, il Cagliari e il Palermo. In particolare la società friulana subì una penalizzazione di nove punti da scontare nel campionato di Serie A 1986/87, il primo della sua storia per l’Empoli.
Molti lo definirono un miracolo calcistico…
“La percezione era quella di aver raggiunto un traguardo impensabile, storico. Le dico onestamente che non avrei mai immaginato che negli anni a venire l’Empoli potesse giocarne molti altri di campionati di Serie A, ma evidentemente l’ottimo lavoro della società di allora ha trovato continuità”.
E’ più tornato ad Empoli?
“Ci tornai una volta diversi anni fa per un torneo quando allenavo le giovanili della Roma e devo dire che trovai una città molto cambiata da tutti i punti di vista”.
Però l’Empoli lo segue…
“L’Empoli lo seguo con affetto ma non in maniera particolare, non ho molti legami voglio dire. Per esempio non ho idea di come sia strutturata adesso la società, sono cambiate tante situazioni, le persone. In fondo son passati quasi 25 anni…”
Con la città, con gli empolesi, che rapporto aveva?
“Un rapporto normale. Empoli era una città molto tranquilla per un calciatore, ricordo che si poteva passeggiare tranquillamente per strada, non c’erano pressioni di nessun tipo. Noi eravamo visti come gli “impiegati del calcio”. La Serie A però un po’ di cose le cambiò, c’era ovviamente più euforia, più attenzione”.
E con la stampa?
“Un rapporto positivo. Però, anche con la stampa, quando andammo in Serie A si ruppe un qualcosa del giocattolo, uscì fuori gente nuova, gente che non si era mai vista… Tra l’altro io ero il capitano e quindi dovevo dialogare con i giornalisti. Comunque, tutto sommato, un rapporto normale anche se a volte venivano dette cose non vere o con esagerazione. Poi capitava magari che avevamo bisogno di un aiuto e questo aiuto non arrivava”.
Con quali compagni legò di più?
“Avevo un buon rapporto con tutti. Stavo un po’ di più con Corrado Urbano, avevamo legato maggiormente anche per il fatto che pure lui veniva dalla Casertana. Rircodo con affetto Mazzarri e devo dire che mi ha impressionato favorevolmente; non avrei mai immaginato che potesse arrivare a certi livelli come allenatore perché era un ragazzo introverso, abbastanza chiuso. Ricordo poi con piacere Drago, ma anche Vertova, Salvadori, Della Scala… Me ne ricordo tanti insomma, tutti bravissimi ragazzi e quella fu la vera forza di quel gruppo, di quella squadra, che ci portò a grandi livelli”.
Ha più rivisto o sentito nessuno?
“Quattro o cinque anni fa c’è stata una rimpatriata. Credo che il Presidente di allora, Pinzani, festeggiasse i suoi 60 anni e il figlio organizzò, a sua insaputa, una cena con i protagonisti della promozione a distanza di venti anni. Fu una cosa molto, molto piacevole”.
Ci racconti la “sua” Serie A…
“Tantissime emozioni. Ricordo molto bene la prima partita contro l’Inter di Trapattoni a Firenze, lo stadio era pieno e vincemmo per 1-0. La domenica seguente vincemmo pure ad Ascoli e quindi alla terza di campionato affrontammo la Juventus da primi in classifica. Ricordi indelebili!”.
Non tutto filò liscio però in quella stagione per lei…
“Purtroppo no. Io non giocai molto in quel campionato. Dopo tre o quattro partite mi infortunai; ebbi una tendinite al tendine rotuleo e mi dovetti operare. Rientrai verso la fine, all’Olimpico se non ricordo male contro la mia ex squadra, la Roma. In quel periodo poi ci furono delle incomprensioni. Sembrava che il problema di non riuscire a centrare la salvezza fossi io”.
Un po’ strano per uno che era fuori per infortunio. Ci spieghi meglio…
“Quell’anno contrassegnato dai bei ricordi purtroppo ne accompagna anche di meno belli. Una cosa strana sì. Quando mancavo io pareva che la squadra non potesse fare a meno di me poi quando rientrai le cose non andavano benissimo e sembrava che le colpe fossero mie. A quel punto parlai anche con il nostro allenatore, Salvemini, dicendogli chiaramente che se davvero ero io la colpa di tutto ero pronto a farmi da parte”.
E cosa successe?
“Continuai a giocare anche se qualcosa ormai si era rotto. Scesi in campo anche l’ultima giornata a Como dove ottenemmo la vittoria che ci permise di salvarci”.
L’ultima giornata del campionato 1986/87. Udinese già retrocessa con la zavorra dei nove punti di penalizzazione; Brescia (22 punti), Atalanta ed Empoli (21 punti) si giocano gli altri due posti. Solo una rimarrà in Serie A. Gli azzurri sono di scena a Como contro la formazione lombarda già salva. L’Atalanta a Firenze con la Fiorentina anch’essa già salva. Il Brescia a Torino contro la Juventus ormai tagliata fuori per il titolo. L’Empoli vince 1-0 con un gol di Osio al 66′, l’Atalanta perde a Firenze all’ultimo minuto per 1-0 con un gol di Di Chiara e il Brescia esce sconfitto dal Comunale di Torino per 3-2 con il gol decisivo di Bonetti per la formazione bianconera al 78′. Classifica: Empoli 23, Brescia 22 ed Atalanta 21. Empoli salvo! E in città scoppiò l‘entusiasmo.
La rottura non fu quindi con Salvemini…
“No. La rottura in particolare fu con Silvano Bini. Fu abbastanza freddo nei miei confronti e a fine stagione fui io a decidere di andarmene perché non mi andava giù l’idea che fossero mie le colpe del cattivo andamento della squadra. Questa fu una delusione per me”.
E tornò alla Casertana dove chiuse la carriera…
“Sì. Tornai alla Casertana e ci rimasi un anno, ma la carriera l’ho chiusa l’anno successivo nella Triestina”.
Facciamo un passo indietro… Fu Salvemini a volerla ad Empoli?
“Salvemini lo avevo avuto alla Casertana prima di venire ad Empoli ma sinceramente non le saprei dire se fu lui a volermi, non l’ho mai saputo. Credo di sì o almeno penso che segnalò il mio nome”.
Lei ha segnato 7 reti con l’Empoli tra campionato e coppa: ne ricorda una più delle altre?
“Me ne ricordo una in particolare. Per noi era un periodo difficile ed io ero appena rientrato dall’infortunio. Stavamo perdendo a Firenze dopo un gol segnato da Antognoni e ad un quarto d’ora dal termine ci fu assegnato un calcio di rigore. L’incaricato era Della Monica ma non lo volle battere, non so per quale motivo ma probabilmente per paura. Lo battei io e pareggiammo 1-1. Lo ricordo perché fu importante per me ma soprattutto per la squadra perché ci consentì di guadagnare un punto importante”.
Il calcio di oggi è migliore o peggiore?
“Il calcio di oggi? Bah… Sotto certi punti di vista è migliore e sotto altri peggiore. Ai miei tempi era un calcio più semplice e poi specialmente ad Empoli era fatto in una certa maniera ma poi sa… Migliore o peggiore dipende dalle piazze. Le faccio un esempio: a Roma era difficilissimo, a Caserta pure. Pensi che a Caserta non potevo nemmeno uscire di casa perché chissà cosa si aspettava la gente in quel campionato che fu anche disgraziato per la verità. Ad Empoli invece era tutto più facile anche per un discorso della propria privacy, della vita in generale. Credo che anche oggi si viva meglio lì rispetto a molte altre piazze”.
Un calcio più sobrio quello di un tempo…
“Era un calcio diverso, più genuino. Non c’erano tutte le partite che ci sono adesso. Ora si gioca ogni due giorni, anche la Coppa Italia era strutturata in maniera differente. Quello di oggi è un calcio cresciuto, un calcio che da questo punto di vista è maturato”.
Si rivede in qualche giocatore attuale?
“Mah… Io ero partito come attaccante e poi son diventato un centrocampista, un regista. Oggi il regista classico è Pirlo ma io quel ruolo lo facevo in maniera più dinamica, mi piaceva dare ritmo al gioco, dare più intensità anche se all’epoca non ce n’era moltissima. Fu poi Sacchi a portarla insieme alla velocità e al ritmo elevato. Il milanista invece gioca con un ritmo più lento”.
Oggi di cosa si occupa Valter Casaroli?
“Ho un’agenzia immobiliare a Bracciano, vicino dove abito. Ma sono già pensionato, un pensionato del calcio. Sono rimasto nel mondo del pallone allenando il settore giovanile. Ho sempre allenato i ragazzi, non sono mai stato in categorie superiori. Adesso sono nel Fregene, una società di Eccellenza laziale”.
Non ha figli che hanno seguito le orme del padre?
“No no. Ho un figlio che ha quasi trent’anni ma gioca a calcio solo per hobby. Lui fa il geometra e tra l’altro mi ha fatto diventare nonno da poco, da agosto”.
Ah! Auguri allora, tanto lei è pensionato e avrà tempo per il nipotino, no?
“Grazie! Ma non creda, ho una vita sempre impegnata. Il lavoro e poi il campo da raggiungere per gli allenamenti perché per arrivare a Fregene impiego un po’ di tempo e quindi sono spesso in giro”.
Siamo giunti al termine di questa chiaccherata e quindi mi permetta di ringraziarla infinitamente…
“Sono io che ringrazio lei che mi ha permesso di salutare l’ambiente di Empoli. Ho passato anni importanti della mia vita lì sia come uomo che come calciatore. Empoli rimarrà tra i ricordi bellissimi della mia vita… E visto che ormai mancano pochi giorni ne approfitto anche per augurare un Buon Natale a tutti i tifosi empolesi”.
Buon Natale anche a lei, Capitano.
E se Empoli rimarrà tra i ricordi bellissimi della sua vita, credo che anche per i tifosi dell’Empoli lei rimarrà uno dei ricordi bellissimi della loro vita…
E che sia una lunga vita, Capitano.
intervista di Alessandro Marinai